7 su 10 sono qui per motivi di lavoro. L’Unar: "Più vittime che untori" Roma – 12 giugno 2008 – In Italia vivono circa un milione di cittadini romeni, la più grande comunità straniera del Paese. Una presenza cresciuta vertiginosamente negli ultimi anni, se si considera che gli immigrai dalla Romania erano appena 8mila del 1990.
E’ la fotografia scattata dal rapporto "Romania. Immigrazione e lavoro in Italia" della Caritas italiana, il terzo dedicato all’immigrazione dall’est Europa, che sarà presentato oggi pomeriggio a Roma. Aggiornata al 31 dicembre 2007 e basata sull’utilizzo incrociato di tutti gli archivi disponibili, la stima di massima è di una presenza di 1.016.000 romeni, inegualmente ripartiti tra motivi di lavoro, di famiglia e altre ragioni.
La Caritas ha contato 749.000 romeni (73,7%) in Italia per motivi di lavoro, di cui 557.000 occupati dipendenti, 13.000 parasubordinati, 16.000 autonomi, 56.000 disoccupati, 107.000 in area informale. Altri 239mila sono in Italia per motivi di famiglia (23,5%): 116.000 sono minori 116.000. Per altri motivi sono in Italia 28.000 romeni (2,8%).
Trattandosi di una stima di massima, spiega il dossier, non è esclusa per motivi di prudenza una diminuzione del risultato finale tra il 10% e il 15%. Bisogna, infatti, tenere conto che nel corso del 2007 parte degli occupati può essere rimpatriata, che i disoccupati in parte possono sovrapporsi a quelli dell’area informale, che un certo numero di familiari è soggetto a essere conteggiato come occupato o anche in altre situazioni lavorative. Ma anche se si trattasse di 850 mila persone, i romeni rimarrebbero di gran lunga la prima collettività, per giunta con una crescente tendenza alla stabilizzazione attestata dall’insediamento familiare.
Quanto alla distribuzione territoriale, con circa 200.000 unità di romeni presenti troviamo il Lazio (la provincia di Roma supera da sola le 100.000 presenze), con 160.000 la Lombardia, con 130.000 il Piemonte, con 120.000 il Veneto, con 80.000 l’Emilia Romagna e la Toscana e, nel Meridione, con 20.000 Abruzzo, Campania, Puglia e Sicilia. Al Sud l’aumento dei romeni (sia maschi che femmine) è stato in percentuale più consistente, anche perché partiva da numeri più bassi rispetto ai contesti del Centro-Nord.
Unar: "Sono discriminati"
Nel rapporto, l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali parla di "ricorrenti situazioni di discriminazione e di disparità" per quanto riguarda i romeni, definendoli “più vittime che untori”.
L’Unar punta il dito contro "un’informazione tendenziosa" sui fatti nei quali sono coinvolti i romeni. Questi subiscono inoltre una mancanza di informazioni per l’assistenza legale, sono sfruttati sul posto di lavoro, specialmente nel settore edile dove hanno il primato negli infortuni mortali.
Triste anche il primato nelle molestie sessuali subite da donne e i casi di persecuzione dalla sicurezza pubblica con atteggiamenti intimidatori.
Ci sono poi le difficoltà burocratiche e gli atteggiamenti ostili degli operatori pubblici. L’Unar denuncia ad esempio gli ostacoli all’esercizio del diritto di voto nelle amministrative: qualche comune ha addirittura preteso una traduzione legalizzata della parola ‘Bucaresti’, nome romeno della capitale. "Contrariamente a quanto si crede – afferma il rapporto – la vita quotidiana dei romeni non è facile".