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Carnevale della cittadinanza: “Siamo italiani, riconoscetelo…”

A Roma la manifestazione nazionale per la riforma. Youness Wahrou: “Nessuno ci sta regalando niente, è solo arrivato il momento di chiamarci come tutti gli altri”

 

 

Roma – 28 febbraio 2017 – L’hanno chiamato “il Carnevale della cittadinanza”, ma guai a farlo finire in burla, perché con i diritti dei bambini non si scherza. Chi nasce e cresce in Italia deve essere italiano anche per legge

Oggi pomeriggio al Pantheon a Roma momento clou della mobilitazione nazionale per la riforma della cittadinanza promossa dalla campagna l’Italia sono Anch’io e dal movimento Italiani Senza Cittadinanza. Dopo i sit in che hanno presidiato la piazza tutti  martedì di febbraio, stavolta si fa chiasso con una festa mascherata aperta anche ai più piccoli, come gli alunni della multietnica scuola Pisacane di Tor Pignattara. 

Cori di bambini, musica e letture si alterneranno su un camion-palco insieme alle testimonianze dei giovani ancora costretti a chiedere il permesso di soggiorno nel loro Paese. Gli appelli dei promotori pungoleranno i senatori, perché si decidano a tirare fuori dai cassetti e votare la riforma già approvata dai deputati, o anche il governo, che potrebbe sbloccare la situazione ponendo la fiducia sul ddl 2092 impantanato a Palazzo Madama. 

Quella riforma, frutto di una mediazione all’interno della maggioranza che i centristi paiono ora rinnegare,  unisce i principi dello ius soli temperato e dello ius culturae. Riconoscerebbe infatti la cittadinanza italiana ai bambini nati in Italia da stranieri titolari di carta di soggiorno e a quelli che, nati o arrivati qui entro i 12 anni, hanno frequentato uno o più cicli scolastici per almeno cinque anni. 

Chi è arrivato più tardi, ma comunque entro i 18 anni, potrebbe invece chiedere di diventare italiano dopo sei anni di residenza regolare se ha concluso un ciclo scolastico o di formazione professionale. Una norma transitoria salverebbe anche le seconde generazioni, più o meno giovani, che già hanno maturato quei requisiti in passato. Si stima che la riforma cambierebbe subito la vita a 800 mila bambini e ragazzi. 

Tra questi c’è anche Youness Wahrou, 22 anni, nato in Marocco ma cresciuto tra Napoli e Reggio Emilia. Un finto immigrato. Considerato straniero solo dalla legge. Studia ingegneria gestionale, è consigliere in una fondazione comunale ed è uno degli Italiani Senza Cittadinanza che oggi al Pantheon alzeranno la voce. Tanti altri sono arrivati come lui a Roma da altre cità italiane.

“È una giornata storica,  – dice Wahrou a Stranieriinitalia.it – dimostra che siamo tanti e tutti interessati ad essere riconosciuti per ciò che siamo. Nessuno ci sta regalando niente ed è assurdo parlare, come fa qualche politico, di ‘cittadinanza facile’. È solo arrivato il momento di chiamarci italiani come tutti gli altri, di adeguare la legge alla realtà”. 

È ottimista. “La riforma è vicina. Il Parlamento sa di avere una responsabilità grandissima, è chiaro a tutti quanto sia importante e cosa significhi. Ora è il momento di muoversi, dopo la legge sui minori soli si deve approvare quella sulla cittadinanza delle seconde generazioni. Noi continueremo a farci sentire, non abbiamo alcuna intenzione di mollare”. 

EP

 

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