Roma, 4 gennaio 2017 – Per il Centro Astalli la rivolta che e’ scoppiata nella notte al centro di prima accoglienza di Cona in provincia di Venezia e la proposta di questi giorni di aprire i Cie in ogni citta’ “sono segnali che destano grave preoccupazione”. E “sono situazioni che riaffermano un’urgenza piu’ volte sottolineata dal Centro Astalli: la necessita’ di ripensare e riformare il sistema di immigrazione e asilo in Italia”.
In particolare, per il Centro Astalli “va ribadito che e’ ampiamente dimostrato che privilegiare l’uso di centri con numeri elevati di migranti non e’ mai una buona soluzione”. Infatti “la fase di emergenza deve durare pochissimo e va supportata da una buona organizzazione della rete di accoglienza per piccoli numeri, diffusa sul tutto il territorio nazionale, restituendo cosi’ dignita’ ai migranti accolti e agli operatori che li assistono”. “E’ fondamentale il coinvolgimento dei comuni”, ha sottolineato Padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, ricordando che “basterebbe ognuno accolga poche decine di migranti in maniera progettuale e inclusiva. Questa e’ la strada da seguire per evitare situazioni di tensione e di ingovernabilita’ di un fenomeno che viene raccontato sempre piu’ spesso con toni allarmistici ed emergenziali, ma che di fatto i numeri ci mostrano essere assolutamente gestibile attraverso un’efficace programmazione”.
Invece “in questi giorni si torna a parlare di Cie e di rimpatri come se una risposta securitaria fosse in grado da sola di affrontare un fenomeno complesso articolato come quello delle migrazioni”. “Ci pare pericoloso e fuorviante – continua padre Ripamonti – tornare ad associare immigrazione a criminalita’ in un clima esacerbato dalla minaccia terroristica. Piu’ che di politiche volte a trovare soluzioni costruttive sul lungo periodo si propongono misure apparentemente piu’ di impatto nell’immediatezza nel tentativo di tranquillizzare l’opinione pubblica”.
Il presidente del Centro Astalli ricorda infatti che la legge Bossi Fini, attualmente in vigore, ha 15 anni di vita e “fu scritta in un momento in cui le migrazioni in Italia erano profondamente diverse da quelle attuali”. Quindi – conclude padre Ripamonti – “guardare al passato senza l’urgenza di una rilettura e di un radicale rinnovamento delle politiche migratorie nazionali non puo’ portare ad alcun progresso”.