Il ministero dell’Interno vieta alla stampa l’ingresso nei centri dove sono trattenuti migranti e profughi, oggi è successo a Pozzallo. Bellu (Carta di Roma): “Faremo una battaglia durissima”. Zorzella (Asgi): “Strutture senza base legale, è sequestro di persona”
Pozzallo (Ragusa)– 13 maggio 2016 – Che succede negli hotspot italiani? Come vengono trattate le migliaia di persone soccorse nel Mediterraneo e rinchiuse tra muri e recinti per essere identificate e divise, da un lato chi chiederà asilo e potrà sperare trovare protezione in Italia, dall’altro chi, come “migrante economico” deve tornarsene, chissà come, chissà quando, da dove è partito?
Per avere risposte a queste domande, bisogna fidarsi solo del buon cuore e della voce del ministero dell’Interno, che gestisce quelle strutture, e che quindi sarebbe responsabile di ogni violazione ai danni delle persone trattenute. La stampa, che ha il dovere di informare per tutelare il diritto di tutti a essere informati, lì dentro non può entrare.
È successo anche oggi. Un gruppo di cronisti, a margine del Festival Sabir in corso a Pozzallo, avrebbe voluto visitare insieme al deputato del Pd Paolo Beni l’hotspot allestito nella cittadina del ragusano. A quanto è dato sapere, al momento ospita circa 150 persone, per la stragrande maggioranza minori non accompagnati, aspetto che solleva ulteriori e più angoscianti domande. Il ministero dell’Interno ha però vietato l’ingresso ai giornalisti.
“Cosa fanno quei minori là dentro? Nulla. Sono trattenuti lì anche per due mesi, in una sistematica violazione dei loro diritti fondamentali. E intanto, con cavilloso rigore prussiano, si impedisce alla stampa la capacità di controllo. È gravissimo” denuncia Giovanni Maria Bellu, presidente dell’associazione Carta di Roma.
Carta di Roma, Assostampa Sicilia e LasciateCiEntrare hanno sottoscritto oggi a Pozzallo un documento in cui si chiede al Ministero dell’Interno di garantire l’esercizio del diritto di cronaca, autorizzando e disciplinando l’ingresso della stampa negli hotspot. “Serve una battaglia durissima – sottolinea Bellu – i giornalisti devono poter entrare negli hotspot come già succede nei centri di identificazione ed espulsione”.
Gli hotspot, però, ad oggi sono luoghi più oscuri dei Cie, che invece hanno una copertura legislativa affinata e migliorata negli anni anche grazie alle battaglie della società civile. Gli hotspot funzionano a regime, ma non hanno basi giuridiche. Sono citati dall’agenda europea delle migrazioni e dalla roadmap presentata dall’ Italia all’Ue, ma non ci sono direttive europee o leggi italiane che li istituiscono o ne regolano il funzionamento.
“Non c’è alcuna base giuridica” conferma l’avvocato Nazzarena Zorzella, dell’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione. “Eppure sono luoghi chiusi, di trattenimento a tempo indeterminato, dove viene limitata la libertà personale. Secondo l’articolo 13 della Costituzione, questo potrebbe avvenire solo nei casi previsti dalla legge e con l’autorizzazione e il controllo della magistratura. Oggi questo non avviene, siamo davanti a dei sequestri di persona”.
I minori presenti nell’hotspot, poi, aprono un fronte ancora più grave. “Che ne è di tutta la procedura prevista dalla legge per i minori non accompagnati?” chiede Zorzella. “Dovrebbero essere inseriti immediatamente in strutture protette, andrebbe avvertito il tribunale dei minori, il giudice tutelare dovrebbe nominare qualcuno che faccia le veci del genitore. Nell’hotspot, invece, cosa si fa?”
Elvio Pasca
Qui di seguito il testo del documento sottoscritto oggi a Pozzallo da Carta di Roma, Assostampa Sicilia e LasciateCIEntrare
“Premesso che a partire dall’apertura dei cosiddetti hotspot il ministero dell’Interno ha respinto sistematicamente le richieste di ingresso della stampa all’interno di tali centri giustificando il divieto con ragioni organizzative;
Premesso che in data 13 maggio 2016 il ministero dell’Interno ha impedito l’ingresso di un gruppo i giornalisti che avrebbe voluto visitare l’hotspot di Pozzallo al seguito di un parlamentare italiano;
Considerando l’importante precedente rappresentato dalla sentenza depositata il 18 maggio 2012 dal Tar del Lazio attraverso la quale si definiva illegittimo il divieto di opporre ai giornalisti generico divieto di accesso nei centri di identificazione ed espulsione in risposta a un ricorso presentato dai giornalisti Raffaella Cosentino e Stefano Liberti;
Considerando che il divieto sistematico alla stampa di accesso agli hotspot rappresenta un grave impedimento dell’esercizio del diritto di cronaca non rendendo di fatto possibile alcuna forma di documentazione giornalistica all’interno degli stessi centri divenendo di fatto una censura sia per gli organi di stampa che per la società civile e per l’opinione pubblica in generale. Ben sappiamo e in questa occasione enunciamo che qualsiasi tipo di censura rappresenti un vulnus per la democrazia di un Paese civile
Si INVITA
Il ministero dell’Interno a rivedere la sua posizione garantendo l’esercizio del diritto di cronaca attraverso l’accesso della stampa agli hot spot e a individuare modalità puntuali per assicurare l’accesso della stampa agli hot spot affinché non sia concesso su base discrezionale.