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Cie. Caritas: “Annichiliscono le persone, peggio delle carceri”

Davanzo: “Diciotto mesi vissuti lì dentro sono alienanti”. Marcenaro: “Favorire altre soluzioni, come il rimpatrio volontario”

Milano – 3 luglio 2012  – La reclusione dei migranti nei Centri di Identificazione ed espulsione ha aspetti così duri che andrebbe introdotto in Italia il reato di tortura.  Lo ha detto ieri don Roberto Davanzo, direttore di Caritas Ambrosiana, durante la presentazione del Rapporto sullo stato dei diritti umani negli istituti penitenziari e nei Cie.

“Chi è trattenuto nei Cie – sottolinea Davanzo – ha commesso reati amministrativi che paga con una reclusione a volte peggiore di quella dei detenuti, perché vissuta nella più totale inedia, in giornate vuote senza senso, senza capire perché sono lì e come faranno a uscirne”. Una situazione che Caritas Ambrosiana segue sul campo, offrendo assistenza legale ed educativa presso Cie di via Corelli a Milano.

“Diciotto mesi (il periodo massimo di trattenimento secondo la normativa europea, ndr), vissuti lì dentro sono alienanti, annichiliscono le persone e fanno perdere la percezione della propria identità” ha concluso il sacerdote.

Pietro Marcenaro, presidente della Commissione diritti umani del Senato, che ha pubblicato il rapporto, aggiunge che “i trattenuti vivono in una situazione di promiscuità terribile. Ragazzi fermati senza documenti vivono accanto a persone che provengono dal carcere”. Secondo il senatore bisognerebbe “far sì che i Cie siano la soluzione estrema, favorendo altre soluzioni, come il rimpatrio volontario”.

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