Ma è già arrivata alla Camera una proposta di riforma: meno anni per ottenerla, ma bisogna essere integrati
Roma – 7 agosto 2009 – Cambiano i requisiti necessari per il conferimento della cittadinanza italiana. Da domani, infatti, con l’entrata in vigore della legge n.94 del 15 luglio 2009 (pubblicata sulla Gazzetta ufficiale del 24 luglio 2009), sono state introdotte alcune norme di modifica della attuale legge del 5 febbraio 1992, n.91.
Le nuove disposizioni prevedono, per le domande per matrimonio, l’elevazione del periodo di residenza legale in Italia da sei mesi a due anni; per le domande per residenza e per quelle per matrimonio viene prevista la presentazione di documenti originali in aggiunta a quelli usualmente acquisiti (ad esempio l’atto di matrimonio). Inoltre viene introdotto il versamento di un contributo pari a 200 euro per le nuove istanze.
Ma arriva già alla Camera una proposta di riforma: mai più automatismi nell’acquisizione della cittadinanza, ma gli anni per acquisirla (attualmente dieci) dovrebbero essere dimezzati. Lo status di cittadino italiano va riconosciuto a chi lo sceglie sulla base di un atto di volontà precisa, dimostrando di conoscere la nostra lingua e la nostra cultura e giurando fedeltà alla nostra Costituzione. È questo il contenuto della proposta di riforma della cittadinanza già presentata alla Camera con le firme di Fabio Granata (Pdl) e Andrea Sarubbi (Pd).
‘Il Secolo d’Italia’ lancia la ‘volata’ alla nuova legge bipartisan per una ”vera integrazione”. Una legge che ”idealmente è dedicata a Hina”, la giovane musulmana uccisa dai parenti perchè voleva vivere ‘come un’italiana’. Dopo la fase delle restrizioni, nei confronti degli immigrati, bisogna aprire quella dell’integrazione, sostiene Granata. ”La cittadinanza deve diventare una scelta, un atto di volontà da parte del singolo”. Parafrasando Sarkozy, ”l’Italia a chi la ama”.
C’è poi la volontà di passare dallo jus sanguinis allo jus soli temperato, ovvero la possibilità per i bambini nati in Italia da genitori stranieri che vi risiedono stabilmente di diventare cittadini italiani. Una soluzione la si vuole trovare anche per i minori cresciuti qui ma nati altrove: lo scopo è quello di non far imbattere nei noti problemi burocratici coloro che dopo anni di studio o lavoro si sentono italiani a tutti gli effetti ma oggi non possono esserlo.
Alla proposta già si è detta contraria la Lega perché “la legge sarebbe in contrasto con il programma di governo”. Ma è tutto ancora da vedere perché la decisione spetterà alla maggioranza in Parlamento, che potrebbe rivelarsi trasversale.
Antonia Ilinova