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Cittadinanza. La relatrice Fabbri: “Riforma per i minori? Serve all’Italia”

“C’è la volontà trasversale di una soluzione per le seconde generazioni. Teniamo fuori la propaganda, qui è a rischio la coesione sociale”. Intervista alla deputata del Pd che dovrà tirare le somme sulle nuove regole

Roma  -15 maggio 2014- La riforma della cittadinanza per le seconde generazioni è a portata di mano, purchè la ragionevolezza prevalga sulla propaganda. Anche perché c’è una parte d’Italia che rischia di diventare controparte di questo Paese.

Considerazioni di Marilena Fabbri, deputata del Partito Democratico e relatrice della riforma  della cittadinanza a Montecitorio. Toccherà a lei e alla collega Anna Grazia Calabria di Forza Italia trovare un capo al gomitolo di venti proposte di legge sulle quali la Commissione Affari Costituzionali ricomincia oggi a confrontarsi. E tessere un testo da portare in Aula.

“Il ventaglio di proposte è molto ampio, ci sono quelle dedicate solo ai minori e quelle che parlano anche della naturalizzazione. Alcune si concentrano sulla cittadinanza per matrimonio, altre sul riacquisto della cittadinanza da parte di cittadini italiani che l’hanno persa molti decenni fa” spiega Fabbri a Stranieriinitalia.it.

Dove si potrà trovare un punto di incontro?
“Per ora, il tema davvero trasversale è quello dei minori. Le seconde generazioni sono l’elemento comunque sul quale mi sembra ci sia la volontà politica di trovare una soluzione”.

E c’è un accordo sulla formula per far diventare italiani anche per legge questi ragazzi?
“Lo cercheremo nelle prossime settimane, dopo le elezioni europee, proprio per evitare che nella discussione entrino posizioni ideologiche: la propaganda deve rimanere fuori dal confronto. Ci sono due nodi da sciogliere: come comportarsi con chi è nato in Italia e cosa fare, invece,per chi è arrivato qui da bambino”.

I percorsi  potrebbero essere diversi?
“Credo che per chi è nato qui la soluzione potrebbe essere più veloce, magari in presenza di altri requisiti come la residenza regolare dei genitori da un certo numero di anni, perché nessuno pensa allo ius soli puro. A chi è arrivato da piccolo si potrebbe chiedere il completamento di un ciclo di studi. Di sicuro non possiamo più pretendere, come oggi, diciotto anni di residenza, tantomeno introdurre ulteriori verifiche di italianità che forse nemmeno tanti italiani sarebbero in grado di superare”.

La maggioranza, da sola, può condurre in porto la riforma?
“Al di là dei numeri della maggioranza di governo, che pure sarebbe in grado di approvare la riforma, io credo che su questo tema ci siano già i presupposti per una maggioranza più ampia. Però è fondamentale evitare ogni posizione strumentale e far entrare in campo la ragionevolezza, perché qui è in gioco la coesione sociale”.

La riforma, insomma, conviene a tutti
Conviene all’Italia. C’è un’intera generazione di ragazzi che crescono qui e che a un certo punto scoprono che l’Italia non li considera italiani, anche se loro si sentono sinceramente e profondamente italiani. Non è coerente, anzichè trattarli come una parte d’Italia, considerarli una sorta di controparte, creando un pericoloso scontro. Questo mentre la demografia ci dice che questo Paese, per sopravvivere, ha bisogno degli immigrati e dei loro figli”.

Che tempi prevede per la riforma?
“Questo dipenderà dalle scelte dei prossimi giorni. Se ci sarà o no la serie di audizioni chiestadal Movimento 5 Stelle [che si aggiungerebbero a quelle, sulla stessa materia, tenute nella scorsa legislatura ndr], e se si sceglierà una proposta già presentata come testo base da emendare oppure se noi relatori dovremo scrivere un testo unificato su cui avviare il confronto”.

Non c’è il rischio di congelare di nuovo la riforma per mesi com’è successo dalla scorsa estate a oggi?
“Non credo, la decisione di calendarizzarla di nuovo in commissione è un segnale importante, così come l’appoggio dichiarato dal governo a una soluzione che esca dal Parlamento. Tutto lascia pensare che ci siano  la volontà e le condizioni per chiudere finalmente la riforma”.

Elvio Pasca
 

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