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Cittadinanza per le seconde generazioni. Il Pdl fa muro

Pochi passi avanti in Commissione. Il Partito Democratico apre al requisito di un ciclo scolastico, ma il Popolo delle Libertà non cede: “Italiani a diciotto anni”

 

Roma – 18 luglio 2012 – La riforma della cittadinanza per i figli degli immigrati è ancora arenata in commissione affari costituzionali della Camera.  Più che muro contro muro, pare che di muro ce sia uno solo ed è quello che il Popolo delle Libertà non vuole far cadere.

In questi giorni i deputati sono ancora impegnati nella discussione generale su sei progetti di legge, conclusa la quale si dovrebbe arrivare (pochi ormai ci credono) a un testo unico da portare in Aula. A giudicare però dai resoconti delle riunioni, siamo ancora al punto di partenza.

Ieri Roberto Zaccaria, del Partito Democratico, ha provato a fare qualche concessione. Le proposte presentate dal suo gruppo prevedono infatti uno ius soli temperato: italiano chi nasce in Italia o arriva qui da piccolissimo, figlio di genitori immigrati regolari da un certo numero di anni. Visto però che  “alcune proposte di legge in esame prevedono il requisito aggiuntivo dell’aver frequentato le scuole in Italia” ha detto che “su questo punto si può discutere”.

La proposta di Souad Sbai (Pdl) vorrebbe far terminare alle seconde generazioni tutta la scuola dell’obbligo prima di riconoscere loro la cittadinanza. Zaccaria pone la  condizione che non si vada oltre le scuole elementari:  “È importante – ragiona –  che i minori che sono nati in Italia o comunque vi vivono fin da piccoli siano riconosciuti cittadini italiani prima di raggiungere i dieci anni, età alla quale possono vivere come una discriminazione la loro condizione di stranieri in tutto e per tutto simili ai coetanei italiani”.

Per il Pdl ha risposto Giuseppe Calderisi. “A suo avviso – si legge nel resoconto – si può semmai pensare di anticipare a sedici anni, età alla quale si ha una sufficiente maturità, la facoltà di chiedere la cittadinanza, in modo che, al compimento del diciottesimo anno, questa sia rilasciata, in presenza dei requisiti, senza ulteriori indugi e ritardi burocratici”. In questo modo, di fatto, i figli degli immigrati rimarrebbero per legge stranieri comunque fino alla maggiore età. Arduo chiamarla riforma.

Lo stesso Calderisi, forse, se ne rende conto. E conclude il suo intervento con una previsione che si rivelerà probabilmente azzeccata: “Difficile per la Commissione arrivare a una proposta unitaria partendo da posizioni tanto diverse”.

Elvio Pasca

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