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Click day e flop dei controlli: il “decreto flussi” fa discutere

Roma, 7 febbraio 2025 – Doveva essere l’anno della svolta, quello in cui finalmente i “furbetti” del decreto flussi sarebbero stati fermati prima ancora del fatidico “click day”. Una stretta invocata e fortemente voluta dal governo Meloni, che prevedeva controlli a tre livelli – polizia, Agenzia delle Entrate e Ispettorato nazionale del lavoro – sulle domande di ingresso di lavoratori stranieri. L’obiettivo: impedire l’accesso a chi non ne ha diritto e stroncare sul nascere i fenomeni di sfruttamento o di criminalità collegati ai nulla osta fasulli.

Controlli “azzoppati”

Le verifiche avrebbero dovuto svolgersi durante tutto il mese di dicembre, ma qualcosa sembra essersi inceppato. Il Viminale, titolare della gestione del portale Ali e responsabile delle prime indagini di polizia, avrebbe dovuto trasmettere la lista “filtrata” all’Agenzia delle Entrate (per le verifiche sulla capacità reddituale) e all’Ispettorato del lavoro (per il controllo della regolarità contrattuale e contributiva).

Invece, secondo quanto trapela, questa condivisione non è avvenuta nei tempi previsti: gli Ispettorati, già sottodimensionati e oberati dalle verifiche sulla sicurezza sul lavoro, non hanno potuto realizzare i controlli sulla congruità delle richieste. Il rischio, ora, è che tutto venga rimandato a posteriori, quando cioè i nulla osta saranno già stati emessi e i lavoratori – seppure formalmente regolarizzati – potrebbero non venire effettivamente assunti.

L’obiettivo mancato del decreto 145

Il provvedimento di ottobre (decreto 145/2024), emanato con l’obiettivo di “stanare” chi utilizza le domande di ingresso solo come canale per far arrivare stranieri che poi si disperdono sul territorio, stabiliva chiaramente che le verifiche dovessero concludersi prima dei click day.

All’articolo 2 si legge infatti: «Dal primo dicembre 2024, l’Ispettorato nazionale del lavoro, in collaborazione con l’Agenzia delle Entrate e, relativamente al settore agricolo, con l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura, esegue le verifiche…» sulla corrispondenza tra capacità economica del datore e numero di richieste presentate. Una misura introdotta per evitare che un’impresa dalla scarsa solidità reddituale potesse richiedere, ad esempio, decine di lavoratori, spesso in cambio di un pagamento illecito da parte dei migranti.

Le denunce della premier e l’allarme infiltrazioni

Non è un segreto che la Premier Giorgia Meloni, già nello scorso giugno, avesse puntato il dito contro la criminalità organizzata, accusandola di sfruttare i decreti flussi come “cavallo di Troia” per ingressi irregolari o veri e propri traffici di esseri umani. «La Camorra e altre organizzazioni criminali – aveva avvertito – si sono infiltrate nella gestione delle domande, arrivando a chiedere fino a 15 mila euro per ogni pratica».

Meloni, nel consegnare un esposto al procuratore nazionale antimafia, faceva riferimento a dati allarmanti: «Nel 2023, su 282 mila domande presentate, 157 mila provenivano dalla Campania e 20 mila dalla Puglia: numeri del tutto sproporzionati rispetto alla presenza di imprese agricole o alla reale necessità di manodopera». Più inquietante ancora, aggiungeva, il dato secondo cui «appena il 3% di chi entra con nulla osta in Campania sottoscrive poi un vero contratto».

Verso un nuovo “click day” e i rischi futuri

Malgrado queste premesse, il nuovo meccanismo dei controlli preventivi, lanciato in pompa magna in autunno, sembra dunque non avere sortito gli effetti sperati: la fase di verifica non è stata completata, e chiunque abbia precaricato la domanda nei tempi previsti potrà procedere al click day senza alcun reale ostacolo.

Le conseguenze pratiche potrebbero farsi sentire già nei prossimi mesi, quando si tratterà di effettuare verifiche ex post. Gli Ispettorati temono una “valanga” di controlli successivi, che rischiano di paralizzare un sistema già sottopressione per il contrasto al lavoro nero e per le indagini sulla sicurezza nei cantieri.

Furbetti del click day

La promessa di “fermare la frode” e ricalibrare l’accesso dei lavoratori stranieri sulle effettive esigenze del mercato del lavoro italiano – almeno per ora – è rimasta sulla carta. I click day di febbraio si svolgeranno come sempre: un tasto da premere sul portale Ali, nella speranza di rientrare nelle quote disponibili. E i controlli, ancora una volta, arriveranno a posteriori.

Il rischio, denunciato dalla stessa Presidente del Consiglio, è che il gap tra ingressi autorizzati e reali assunzioni si riproponga su scala ancora più ampia, con l’aggravante di una criminalità che ha affinato i propri metodi di infiltrazione. Eppure, la volontà di porre un freno c’era ed era stata anche formalizzata in un decreto che appare, oggi, come un’occasione sprecata.

Le prossime settimane diranno se ci sarà un cambio di rotta o se, come temono in molti, i “furbetti del click day” avranno ancora una volta partita vinta.

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