Roma, 22 febbraio 2024 – L’attuale dibattito che circonda il disegno di legge sull’assistenza ai disabili da parte di colf e badanti, in fase di esame presso le commissioni parlamentari, pone sotto i riflettori una serie di questioni cruciali. In particolare, si parla della tutela e del supporto agli anziani non autosufficienti. Sebbene l’intento di migliorare le condizioni di vita di questa fascia della popolazione sia encomiabile, è fondamentale esaminare attentamente le disposizioni proposte. E, inoltre, valutarne l’efficacia nel contesto delle esigenze reali.
Colf e badanti, a cosa sta lavorando il governo
Una delle principali disposizioni della legge è l’erogazione di un contributo statale mensile di 850 euro agli anziani sopra gli 80 anni in condizioni di non autosufficienza. Questo sostegno, concepito per integrare l’attuale “indennità di accompagnamento”, mira a coprire parzialmente i costi dell’assistenza familiare, di colf e badanti. Tuttavia, un’analisi dettagliata rivela che tale contributo potrebbe essere sufficiente solo per coprire un modesto numero di ore settimanali di assistenza da parte di una badante regolarmente impiegata. Sorge dunque il dubbio se tale aiuto sia veramente in grado di soddisfare le esigenze di coloro che richiedono assistenza a tempo pieno.
Pur disponendo di fondi significativi, pari a 250 milioni di euro annui, quindi, è essenziale interrogarsi sull’effettiva efficacia nell’allocazione di queste risorse. Si dovrebbe garantire che siano distribuite in modo equo ed efficiente, in modo da massimizzare il loro impatto positivo sulle vite degli anziani non autosufficienti e delle loro famiglie. Senza trascurare altre possibili destinazioni di utilizzo per migliorare il sistema di assistenza nel suo complesso. La legge proposta, infatti, stabilisce criteri rigorosi per l’accesso al sostegno, richiedendo che gli anziani interessati abbiano almeno 80 anni, siano in condizioni di non autosufficienza, percepiscano già l’indennità di accompagnamento. E, infine, abbiano un ISEE inferiore a 6.000 euro. Questi requisiti potrebbero escludere ingiustamente persone che, pur non soddisfacendo tutti i criteri, sono ugualmente in situazioni di vulnerabilità e necessitano di assistenza.
Inoltre, l’assegno di assistenza sarà erogato solo per un periodo sperimentale di due anni, ovvero nel 2025 e nel 2026. Con la possibilità, quindi, di revocarlo in caso di mancato utilizzo per le finalità previste. E’ per questo che la disposizione solleva dubbi sul lungo termine. Poiché potrebbe implicare una potenziale interruzione del sostegno vitale una volta terminato il periodo sperimentale. Lasciando, di fatto, molte persone anziane e le loro famiglie in uno stato di incertezza e precarietà.
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