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Come guadagnare almeno 3 miliardi l’anno da una regolarizzazione

Quanto verserebbero tra tasse e contributi i cinquecentomila immigrati oggi costretti a lavorare in nero? Al governo Monti (e all’Italia) conviene fare qualche contincino

 

Roma – 3 gennaio 2012 – Una regolarizzazione per lo sviluppo. Per dare un permesso di soggiorno a ogni cittadino straniero che ha già un lavoro, oggi necessariamente in nero, domani finalmente alla luce del sole. E per regalare un tesoro di tasse e contributi nelle casse dello Stato.

 

La “fase due” del governo Monti, quella che dovrebbe rilanciare l’economia, dovrà confrontarsi con cinquecentomila irregolari. Se il Paese vuole davvero ripartire, non può trascinarsi dietro un così pesante bagaglio di sommerso. Deve finalmente liberare e utilizzare a suo vantaggio anche le forze di questo volenteroso esercito di lavoratori.

Viviamo un’emergenza senza precedenti? Si annunciano per tutti sacrifici che sarebbero stati inimmaginabili anche solo un anno fa perché l’imperativo è far quadrare i conti? Allora conviene anche fare qualche conticino sui vantaggi economici di una regolarizzazione di quei cinquecentomila.

Tralasciamo pure l’ una tantum che si potrebbe chiedere per ogni domanda. Non è certo piccolo (con cinquecento euro a testa, applicando la “tariffa” dell’ultima regolarizzazione, si garantirebbero subito duecentocinquanta milioni di euro), ma scompare rispetto a quanto continueranno a fruttare quei lavoratori per lo Stato.

L’Ismu stima che tra tasse e contributi ogni regolare versi seimila euro l’anno. Partendo da questo dato, la regolarizzazione varrebbe ogni anno tre miliardi di euro. Il guadagno sarebbe anche maggiore secondo un altro calcolo della Cgil: “Circa 5,6 miliardi annui, fra tasse e contributi previdenziali, ovvero 1 punto Pil nel triennio” scrive il sindacato.

Comunque si facciano i conti, sono una montagna di soldi. Un ottimo ricostituente per qualunque bilancio, figuriamoci per quello dell’Italia. Che ne pensano i Professori?

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