Gli esperti nominati da Maroni: "Il Corano non prevede di burqa e niqab. Garantire riconoscibilità delle persone"
Roma – 14 luglio 2010 – “Giusto vietare il velo integrale nei luoghi pubblici, anche perché il suo utilizzo non è un obbligo imposto dal Corano”.
È il parere espresso stamattina dal Comitato per l’Islam italiano del ministero dell’Interno. Un organismo, spiegò a suo tempo Maroni, senza pretese di rappresentanza dei musulmani: “convoco semplicemente persone che conoscono quel mondo, hanno un atteggiamento positivo, sono ben integrati e possono fornire idee e proposte. Si tratta quindi di un Consiglio che discute con me di vari temi”.
Tra i primi temi all’ordine del giorno c’era quindi il divieto di burqa e niqab di cui si ta discutendo in Italia così come in Francia, Belgio e Spagna. Alla Camera ci sono già varie proposte di legge che vorrebbero rendere più restrittive le regole già in vigore in Italia.
L’articolo 5 delle “Disposizione a tutela dell’ordine pubblico” (legge 22 maggio 1975, n. 152) dice che: “È vietato l’uso di caschi protettivi, o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo pubblico o aperto al pubblico, senza giustificato motivo. Il divieto si applica anche agli indumenti”.
Quel “giustificato motivo” è un punto cruciale. La domanda è: la fede musulmana può essere un “giustificato motivo” per indossare in pubblico veli integrali che rendono irriconoscibili?
“Il Comitato – si legge in una nota – ha chiarito che quello del burqa e del niqab non è un obbligo religioso che derivi dal Corano, né è riconosciuto come tale dalla grande maggioranza delle scuole giuridiche islamiche. La materia va dunque deconfessionalizzata”.
Gli esperti riuniti al Viminale suggeriscono “che le leggi evitino ogni specifico riferimento all’Islam e a questioni che attengano al velo o alla condizione della donna musulmana". Dovrebbero invece "limitarsi a ribadire che persone travisate in modo da non essere riconoscibili – salvi giustificati motivi che attengono alla salute o alla sicurezza nella circolazione o sul lavoro – non possono essere identificate dalle Forze dell’ordine, individuate dai conoscenti e se del caso descritte dai testimoni”.
“La riconoscibilità delle persone deve essere invece garantita, tanto più a fronte del rischio internazionale – che non è scomparso – collegato al terrorismo” ammonisce il Comitato per l’Islam italiano.
Elvio Pasca