L’integrazione non deve passare per i rappresentanti del culto, ma attraverso le istituzioni repubblicane ed il gioco politico democratico. I musulmani moderati dovrebbero chiedere il diritto al voto per i cittadini stranieri in Italia
Sono circa 8/900.000 i cittadini stranieri in Italia arruolati di ufficio fra i musulmani d’Italia. Per arrivare a queste cifre nel calderone bisogna proprio metterci tutti: molti Marocchini, qualche Albanese, tantissimi Pakistani e qualche manciata di Filippini.
Si tratta di cifre esemplificative che fanno un’indebita equazione fra cittadini provenienti da Paesi di religione musulmana e le scelte dei singoli individui. Individui che spesso annoverano fra le ragioni principali del proprio emigrare la scarsa o assente laicità delle comunità nazionali di provenienza.
Quanto detto è confermato dalla bassa partecipazione alle preghiere in moschea da parte dei "musulmani d’Italia": fra il 5 ed il 10%.
In sostanza la "questione musulmana" in Italia riguarderebbe da un minimo di 40.000 ad un massimo di 90.000 cittadini.
Fatte queste doverose precisazioni, aggiungo che bene hanno fatto gli esponenti moderati della comunità islamica italiana a prendere ufficialmente posizione contro ogni violenza, promuovendo un "manifesto per la vita".
L’iniziativa, che è promossa e sottoscritta anche dai direttori di 3 testate del gruppo editoriale Stranieri in Italia, ci è sembrata di così straordinario valore da indurci a pubblicarla sul portale con la possibilità di sottoscriverla on-line.
Il fatto di mettere in chiaro che la comunità islamica italiana è moderata, condanna il terrorismo e che fra i suoi rappresentanti ci sono numerosi laici, è decisamente una mossa azzeccata.
Qualche dubbio, invece, lo nutro sulla richiesta al Ministro dell’Interno di istituire una "Consulta Islamica".
Per essere più chiaro prendo a prestito le parole di Fethi Benslama, professore di psicoanalisi all’università di Parigi ed autore del libro "La Psychanalyse à l’épreuve de l’Islam".
"I leader religiosi – dice in una intervista sul corriere della Sera a proposito degli appelli della comunità islamica francese a favore della liberazione dei giornalisti rapiti – parlano di tutto ed a nome di tutti i musulmani, quando invece dovrebbero occuparsi soltanto di questioni religiose. Quando parliamo dei 5 milioni di "musulmani francesi" bisogna tenere conto che più del 70% di loro non va in moschea, non è religioso. Di origine e di tradizione islamica si comporta secondo valori occidentali, laici. Io, per esempio, non mi sento affatto rappresentato dai capi religiosi. I miei rappresentanti dovrebbero essere i deputati".
L’integrazione non deve passare per i rappresentanti del culto, ma attraverso le istituzioni repubblicane ed il gioco politico democratico!
Se questo è vero in Francia, dove la maggior parte dei musulmani è cittadino francese e vota alle elezioni politiche, lo è 100 volte di più in Italia dove i musulmani sono per più del 95% stranieri senza neanche il diritto di votare per le elezioni del capo del condominio.
Ancor prima della Consulta islamica, i musulmani moderati dovrebbero chiedere il diritto al voto per i cittadini stranieri in Italia.
In Parlamento oggi esiste una maggioranza trasversale favorevole al riconoscimento di questo diritto. Maggioranza che continuerà ad esistere anche dopo le prossime elezioni politiche, a prescindere da quale sarà lo schieramento vincente.
Ed allora sulle colonne del Corriere ci piacerebbe vedere pubblicato un appello per il diritto al voto (magari proprio quello da noi promosso).
Infine, un ultimo avvertimento a chi volesse ostinarsi nel chiedere la Consulta islamica.
In questo Paese si appende sui muri delle scuole e degli uffici pubblici un simbolo religioso, degradato a simbolo di identità nazionale, e si finanziano con soldi pubblici una lunghissima serie di organizzazioni religiose.
Chi ha sempre di fatto negato la laicità dello Stato, che non vuol dire proibire ad un individuo di indossare un simbolo religioso, poteva trovare nella nascita di una società italiana multietnica un grande impedimento.
Come sostenere la legittimità dell’esposizione da parte di una istituzione pubblica, che quindi appartiene a tutti, di un simbolo religioso riconosciuto soltanto da una parte dei suoi cittadini?
Il contentino di una Consulta islamica oggi ed il finanziamento domani, attraverso l’accesso all’otto per mille, delle istituzioni religiose islamiche, è, in verità, un dono avvelenato.
Un veleno ben conosciuto a tutti coloro i quali ritengono che la laicità dello Stato sia, fino ad oggi, la migliore soluzione trovata dagli esseri umani per evitare le guerre di religione che li hanno sempre oppressi e che ancora oggi provano a farlo.
Gianluca Luciano |
(7 settebre 2004)
Gianluca Luciano