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Corte dei Conti: “Inefficiente la gestione dei flussi”

"Poco coordinamento, troppi ritardi. Così cresce la clandestinità". Scarica la relazione

Roma, 1 aprile 2008 – La Corte dei Conti boccia la gestione dei flussi d’ingresso, dalle previsioni delle quote, puntualmente inferiori alle domande presentate, ai tempi lunghissimi che intercorrono tra la presentazione della domanda e il rilascio del permesso di soggiorno al lavoratore, passando per l’operato per l’operato di tutti gli uffici pubblici coinvolti: Questure, Direzioni Provinciali del Lavoro, Centri per l’Impiego, Sportelli unici e rappresentanze diplomatiche.

È quando si legge nella relazione conclusiva dell’”Indagine sull’attività di gestione integrata dei flussi di immigrazione” presentata oggi. Sotto la lente della Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato soni finiti i flussi 2005 e 2006, manca quindi una valutazione sui clic day di dicembre scorso, ma difficilmente parte delle carenze denunciate non si ripercuoterà anche sui flussi 2007.

I primi problemi nascerebbero già nella fase di programmazione, “come attestato dalla difficoltà di elaborare previsioni attendibili, costruite di fatto sulla base di documenti incompleti e non pienamente significativi”. Di conseguenza ci si è ritrovati sia nel 2005 che nel 2006 con un numero di domande molto più alto delle quote disponibili.

I magistrati contabili commentano la riorganizzazione che, con l’attuazione della legge bossi-Fini, ha visto entrare in scena gli Sportelli Unici per l’Immigrazione. “Le capacità di funzionamento del nuovo assetto – scrivono nelle conclusioni – sono apparse di non ottimale efficacia. Risulta tra l’altro sottovalutata l’utilità di costituire valide forme di coordinamento fra l’insieme delle amministrazioni coinvolte nel processo di gestione dei flussi”.

Gli Sportelli unici si limitano a fare lavoro di front office, aspettando i pareri degli altri uffici, e non “sono apparsi in grado di ridurre le criticità del procedimento che, anzi, sono aumentate nella lavorazione dei flussi 2006, avviata nel febbraio dello stesso anno e non conclusa al dicembre 2007”. La Corte suggerisce quindi di valutare se i costi di funzionamento di queste strutture “siano in qualche modo ripagati dall’efficacia dei servizi resi”.

La relazione, che in vari passi punta il dito contro la reticenza o l’incapacità di molti uffici a rendicontare con precisione la loro attività, dice che in media, tra la domanda di assunzione tramite i flussi e la concessione del permesso di soggiorno passano 400 giorni, un ritardo incoerente con lo spirito della legge sull’immigrazione, secondo il quale “l’incremento della produttività del sistema economico interno implica la celerità dei tempi di accesso degli stranieri al mercato del lavoro”.

Questa situazione può “accrescere, anziché reprimere, il fenomeno della clandestinità, e arrecare danni al sistema economico favorendo il lavoro sommerso, l’evasione contributiva e quella fiscale”.

Le colpe sarebbero da addebitare solo in parte agli uffici coinvolti, che secondo i giudici hanno dovuto gestire operazioni “regolamentate con criteri non sempre adeguati ad accelerare le attività, o prive quasi del tutto di regolamentazione formale”. L’esigenza di disciplinare il procedimento di concessione del permesso di soggiorno sarebbe stata sottovalutata, e questo ha “costretto gli uffici ad operare senza un sistema organico di disposizioni, il che potrebbe essersi riflesso sui tempi di perfezionamento dei documenti”.

Un altro fronte difficile è quello della concessione dei visti d’ingresso, che procederebbe con grandi ritardi rispetto al numero di pratiche trasmesse. La Corte dei Conti commenta in particolare sull’obbligo per chi è chiamato con i flussi di ritirare il visto nel suo Paese d’Origine.

“La normativa – spiega il rapporto – sembra aver concorso a ridurre la fascia di lavoro regolare che la disciplina sui flussi intende tendenzialmente ampliare. Lo scostamento rilevante, inoltre, fra l’entità dei nullaosta rilasciati e quella delle richieste di concessione dei permessi di soggiorno fa ipotizzare che una quota rilevante di stranieri per i quali i datori di lavoro hanno presentato le domande di assunzione sia stata costituita in realtà da lavoratori clandestini, rimasti in posizione irregolare per probabili difficoltà di recarsi nei Paesi di origine per il ritiro dei visti”.

Scarica:
Corte dei Conti: L’attività di gestione integrata dei flussi di immigrazione

 
Elvio Pasca 
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