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Corte europea: no alle espulsioni verso Paesi a rischio

Condannata l’Italia per l’allontanamento di un tunisino sospettato di terrorismo. In patria rischiava la tortura

Strasburgo – 29 febbraio 2008 – Non si può espellere un cittadino straniero se questo, nel proprio paese d’origine rischia di subire violenze o trattamenti degradanti e disumani. E la difesa dei diritti umani prevale sull’esigenza di sicurezza nazionale. Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti dell’uomo con una sentenza di condanna all’Italia, in relazione al “caso Saadi”.

A chiedere l’intervento di Strasburgo era stato Nassim Saadi, un cittadino tunisino che, pur avendo un permesso di soggiorno in Italia per motivi familiari, era stato oggetto di un decreto di espulsione emesso da Ministero dell’Interno nel 2006. Le autorità italiane avevano ricorso al provvedimento basandosi sulla "Legge Pisanu", adottata nel 2005 come "misura urgente per combattere il terrorismo", ritenendo che la presenza di Saadi in Italia costituisse un rischio per la sicurezza nazionale.

In Italia il tunisino era stato condannato per associazione a delinquere, mentre in Tunisia lo attendeva una condanna a vent’anni di carcere per terrorismo internazionale. La Corte ha affermato che dai rapporti di Amnesty International e di Human Rights Watch, ritenuti credibili, coerenti e corroborati da numerose altre fonti, sono emersi "fondati motivi per ritenere che vi sia un rischio concreto" che Saadi sarebbe sottoposto a tortura o ad altri trattamenti inumani o degradanti se venisse espulso verso la Tunisia.

Le ricerche di Amnesty evidenziano infatti l’ampia diffusione della tortura e di altri maltrattamenti ad opera delle forze di sicurezza tunisine. I metodi denunciati, tra cui quelli inflitti a persone accusate di reati connessi al terrorismo, includono l’essere appesi al soffitto, le minacce di stupro, l’immersione della testa del detenuto nell’acqua (il cosiddetto waterboarding), scariche elettriche, percosse e bruciature di sigarette. L’Italia avrebbe sottovalutato questi rischi, fidandosi delle assicurazioni formali del governo tunisino.

Rigettando gli argomenti del Regno Unito (che era intervenuto nel processo) e dell’Italia, secondo i quali il rischio corso da una persona deve essere controbilanciato dal rischio posto da questa, la Corte europea dei diritti umani ha affermato che “i concetti di rischio e di pericolosità non si prestano a un bilanciamento”; dunque “la prospettiva che egli possa porre una seria minaccia per la comunità se non viene espulso, non riduce in alcun modo l’intensità del rischio di maltrattamento in cui può incorrere in caso di rinvio”.

Di conseguenza, la Corte europea dei diritti umani ha deciso che un rinvio di Nassim Saadi in Tunisia costituirebbe una violazione degli obblighi del governo italiano in base alla Convenzione europea dei diritti umani. Secondo i giudici: “l’articolo 3 della Cedu protegge un valore fondamentale assoluto, che non può subire deroghe o eccezioni, anche in presenza di rischi per la collettività”.

Antonia Ilinova

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