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Daria e gli altri fantasmi

di  Sergio Talamo Roma – 10 giugno 2009 – Daria ha vent’anni e gli occhi verdi, conosce sei lingue ed è la prima della classe. Pulisce le scale e le case, fa la baby sitter e la badante. C’è qualcosa di più trasparente, di più solare di una vita così?

Eppure Daria è una donna in nero. E’ ucraina e clandestina. I suoi lavori non sono regolari, i suoi genitori (mamma colf e papà operaio) neppure. Non ha documenti né codice fiscale e quindi, fino a pochi giorni fa, sembrava non potesse fare l’esame di maturità nella sua scuola del centro di Napoli. Il quotidiano "Il Mattino" ha lanciato questa storia così singolare, e di colpo il tappo è saltato. Si sono mobilitati tutti: preside, professori, compagni di classe. Per sancire il lieto fine, è dovuto intervenire il ministro dell’Istruzione in persona. Ora la madre piange di gioia, mentre lei promette: “Studierò come una pazza”.

Ma nel punto in cui finisce l’agonia di Daria, inizia il paradosso dell’Italia: il paese dove si può essere per anni “clandestini” e nel frattempo studiare, lavorare, pagare le tasse, amare, soffrire, sognare. Tutto questo al buio, come fantasmi, senza che nessuno ammetta ufficialmente che in realtà tu esisti. Esci per strada, saluti il giornalaio, mangi un panino con i colleghi ma niente: sei sempre e solo l’uomo invisibile. Daria, ad esempio, non ha mai fatto una gita scolastica. Non può. La scoprirebbero! (lei che tutti conoscono e che conosce tutti…). Eh già. Ogni giorno può avere la sua pena: “Ho paura di finire in carcere – dice – lo stesso timore che ho da cinque anni ogni volta che vedo un poliziotto”.

Se ha paura Daria, ventenne finita sui giornali per i suoi occhi verdi e le sue sei lingue, figuriamoci i tanti signor nessuno che fanno funzionare fabbriche e botteghe, gli oscuri artefici di vite orgogliose da “nuovi italiani” senza carta di identità.

Da categoria esistenziale, il “clandestino” dovrebbe finalmente diventare un problema della politica. Ma non nel modo affrettato e vagamente isterico cui siamo abituati, per cui chi non ha il permesso di soggiorno, a giorni alterni, diventa un’emergenza nazionale. Né si può accettare l’atteggiamento opposto per cui essere o non essere in regola – quindi violare o non violare la legge – è la stessa cosa.

Dietro questi sbandamenti concettuali, c’è soprattutto l’equazione fra clandestino e criminale. Eppure il crimine degli stranieri in Italia non ha molta attinenza con il possesso di quel documento. Ci sono fior di delinquenti che sono in regola con la burocrazia o addirittura cittadini comunitari a tutti gli effetti.

E’ la politica dei “decreti flussi” ad avere da tempo il fiato corto. Numeri di anno in anno tirati a sorte, corse contro il tempo per entrare in graduatorie sempre più strette, vigorose proteste delle aziende del Nord e delle famiglie in cerca di badanti o di colf… Una reiterata finzione. Occhi che si chiudono sulla realtà, fatta di richiedenti che sono in Italia già da tempo e molto spesso lavorano, hanno casa, famiglia, relazioni sociali.

L’unico modo per chiudere le frontiere è… aprirle davvero a quelli come Daria. Fare lo sforzo di conoscerli uno ad uno, questi nuovi italiani che oggi sono costretti a star nascosti dietro la loro condizione di irregolari. Sarà un po’ stancante, ma sempre meglio che convivere con i fantasmi…

Dice Daria: “Ho studiato in lingua originale i discorsi di Martin Luther King e mi hanno affascinato. Il più bello? I have a dream”. Io ho un sogno. E sapete qual è? Un regno e un principe? Gioielli e ricchezze da sogno? Macché. Che un poliziotto la veda e la saluti.

Sergio Talamo

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