Un Governo che ha il coraggio di regolarizzare 700.000 cittadini stranieri con un lavoro ma senza permesso di soggiorno merita comunque tutto il nostro rispetto.
sindacati ancora a fine aprile "poco più del 10% delle domande di regolarizzazione erano state evase a livello locale".
Mantovano, tuttavia, rassicura tutti: "Finiremo la regolarizzazione entro quest’anno. – dice. Il centro servizi delle Poste italiane e’ passato da una media, all’avvio, di 800 pratiche al giorno trasmesse alle Prefetture ad una media di quasi 4 mila".
Normali italici ritardi, si dirà, ma è proprio la storia del famigerato centro servizi delle Poste Italiane e dei 50 milioni di euro che i cittadini stranieri ed i loro datori di lavoro hanno pagato per ottenere un servizio efficiente che non ci è andata giù!
Ma come, le poste italiane presentano per la prima volta dagli anni 50 un bilancio in utile proprio grazie ai danari dei lavoratori stranieri e li ripagano così? In una nazione dove le interrogazioni parlamentari abbondano proprio nessuno dei nostri onorevoli sente bisogno di fare luce su questa vicenda?
Comunque, un buon modo per riparare alla brutta figura sarebbe quello di varare al più presto il regolamento di attuazione della nuova legge.
Non che in passato i regolamenti di attuazione siano giunti con maggiore celerità, ma non è questa una buona ragione per continuare nell’errore.
Ci sono nella legge tanti piccoli dubbi, incertezze e contraddizioni che solo il regolamento di attuazione può risolvere spianando la strada all’applicazione di una riforma che a volte, sia detto per inciso, sembra complicare più che snellire i precedenti iter burocratici.
Ma il vero banco di prova per il Governo è il decreto flussi.
Il nodo da sciogliere è il modo in cui verranno determinati e suddivisi territorialmente i flussi 2003.
Diciamo subito che il primo errore da evitare è l’esclusione del sud dal decreto flussi.
Qualche passo in avanti è stato fatto con i lavoratori stagionali, ma l’esperienza va estesa anche a quelli non stagionali. Continuare ad utilizzare i dati ufficiali relativi alla disoccupazione è fuorviante. Se, infatti, si ritiene che il sistema del collocamento obbligatorio non sia in grado di rimandare un quadro effettivo del mercato del lavoro locale non si vede perché lo si dovrebbe utilizzare per determinare l’entità e la ripartizione territoriale dei flussi migratori.
Per tutti valga il monito delle 120.000 (66.000 solo in Campania) richieste di regolarizzazioni provenienti dal sud (isole incluse).
Le decisioni del Governo dovranno, quindi, avere sempre in primo piano il reale bisogno di lavoratori delle diverse economie regionali.
Questo criterio, però, dovrà essere conciliato con altri due criteri: la tutela dei diritti dei lavoratori e la tutela delle comunità locali nelle quali andranno ad insediarsi i cittadini stranieri.
Rispondere con rapidità e certezza alle necessità di manodopera delle aziende garantendo in ogni suo aspetto (retributivo, alloggiativo, ricreativo, culturale, ecc.) la dignità del lavoratore senza scaricare gli oneri sociali ed economici sulle comunità dei cittadini residenti nei territori meta dei flussi migratori. Questo è l’obiettivo!
E’ per questo che sono in molti a reclamare, giustamente, il diritto di dire la propria nella definizione del decreto flussi: organizzazioni di categoria dei datori di lavoro, rappresentanti delle grandi aziende, sindacati, sindaci di grandi comuni e presidenti di provincia. Ma soprattutto le Regioni, alle quali sarebbe bene affidare il compito di portare a sintesi i diversi interessi in gioco per poi presentarli sul tavolo del Governo.
Se si attendeva una occasione per dare spazio alle autonomie locali e regionali, questo è il momento.
Probabilmente non si riuscirà a fare tutto e subito, ma è fondamentale dare un segnale.
Via con il federalismo, dunque!
Detto questo, però, bisogna aggiungere che quando si è passati alla fase di rilascio dei permessi di soggiorno sono emerse delle lacune decisamente gravi. Secondo i
(17 maggio 2003)
Gianluca Luciano