Roma, 4 aprile 2023 – Prosegue il confronto tra Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con le parti sociali per un’analisi del mercato del lavoro propedeutica alla definizione delle quote massime di ingressi di lavoratori stranieri in Italia per il triennio 2023-2025, secondo la nuova procedura introdotta dal D.L. 20/2023 (“decreto Cutro”).
In una recente riunione, coordinata dalla Direzione generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione hanno partecipato le organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale, che si sono impegnate a condividere entro il 5 aprile una previsione puntuale dei fabbisogni occupazionali, stagionali e non stagionali, nei settori di riferimento.
Alla luce del click day del 27 marzo per il decreto flussi 2022 – 240mila domande presentate tra le 9 e le 19 a fronte di un limite massimo di 82.705 tra ingressi dall’estero e conversioni di permessi di soggiorno autorizzati (fonte Ministero dell’Interno) – le parti sociali hanno rappresentato l’urgenza dell’emanazione di un nuovo decreto flussi, nelle more della predisposizione del decreto triennale, che possa assorbire l’eccedenza di domande già presentate, riducendo al massimo gli ulteriori adempimenti a carico dei datori di lavoro.
Le organizzazioni intervenute alla riunione hanno espresso la necessità di un sensibile allargamento delle quote, dei settori di impiego dei lavoratori e dei Paesi di origine previsti dai decreti flussi. Chiesta anche una ulteriore semplificazione delle procedure per renderle più flessibili e corrispondenti alle esigenze del mercato del lavoro (non sempre programmabili con largo anticipo), comprimendo il tempo che intercorre tra la domanda e l’arrivo del lavoratore in Italia e introducendo un meccanismo per assumere lavoratori stranieri già presenti in Italia, ma privi di permesso di soggiorno.
Generale apprezzamento e interesse è stato espresso per la norma del DL n. 20/2023 che non subordina più alle quote del decreto flussi gli ingressi di lavoratori che hanno frequentato corsi di istruzione e formazione professionale nei Paesi di origine, nell’ambito di programmi approvati dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, dal Ministero dell’Istruzione e del Merito o dal Ministero dell’Università e della Ricerca.