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Edison: “Compleanno amaro, rischio l’espulsione”

Arrivato 10 anni fa dall’Albania con il gommone, ora il giovane – poeta e attore – diventa maggiorenne e forse clandestino

Roma – 3 ottobre 2008 – "Vuoi andare in Italia?" – "Si, ma solo se mi compri le scarpe nuove". Inizia così il travagliato percorso migratorio di Edison Duraj, un ragazzo albanese, salito su un gommone diretto a Bari circa dieci anni fa. A soli 9 anni, si lasciava alle spalle la famiglia, la miseria, la povertà e oltre mare vedeva il miraggio di una vita migliore, un lavoro che gli avrebbe permesso di portare qui anche la mamma, il papà e i fratelli.

Edison era diretto a Milano, ma intercettato il gommone su cui si trovava, il suo viaggio si è fermato sulle coste pugliesi. Trascorrerà gli anni successivi tra un istituto e l’altro. Con un unico pensiero: aiutare i suoi cari, non deludere le speranze che hanno riposto in lui e riuscire a farli venire in Italia. Un sogno che ora potrebbe infrangersi. Perché il 19 novembre il ragazzo diventa maggiorenne e secondo la Bossi-Fini deve munirsi di altri requisiti – come un lavoro e un alloggio – per prolungare la sua permanenza sul territorio italiano.

Oggi Edison ha il permesso di soggiorno per studio, frequenta il quarto anno di una scuola alberghiera, scrive poesie, fa l’attore teatrale ed è diventato il protagonista della propria storia nel documentario "Sognavo le nuvole colorate". La pellicola diretta da Mario Balsamo è stata presentata al festival di Locarno e al Salina Docfest alla fine di settembre. Nello spettacolo il ragazzo narra la sua esperienza, dall’inizio, fino ad oggi".

"Il viaggio non è stato traumatico – racconta Edison – mi sembrava una cosa normale per raggiungere la meta ambita. Ero piccolo, ma già sapevo cosa volevo: arrivare qui, nel paese che avevo conosciuto attraverso la Tv, e farcela. Volevo essere all’altezza, essere presentabile, dunque mi servivano delle scarpe nuove. Mia madre fece dei sacrifici per comprarmele e quando sono arrivato in Italia mi furono tolte. Da allora non le ho più riviste. Ne ho delle altre, ma quelle per me rimarranno le più belle che io abbia mai avuto, me le ricordo come fosse ieri: nere, tacco alto, lacci bianchi".

"Milano era l’Italia per me, ma non ci sono mai arrivato. Appena sbarcato, la polizia mi portò in un istituto e oggi la ringrazio, perché quella è stata la mia fortuna. Ho potuto conoscere tante persone buone che mi hanno aiutato".

Edison è riuscito a rivedere la sua famiglia lo scorso anno, quando è tornato in Albania insieme al suo amico e regista Alessandro Santoro, per girare il documentario. Ha visto per la prima volta un fratellino nato dopo la sua partenza, ha rivisto la madre, le sorelle, la misera casetta senza riscaldamento. Il papà, invece vive in Italia clandestinamente e vederlo sarebbe imprudente. "Riabbracciare la mia famiglia dopo 9 anni è stato molto emozionante. Quanto a mio padre, lui ha cercato di vedermi molte volte, ma non può venire al centro dove io risiedo perché rischia di essere fermato ed espulso".

Oggi Edison ha due desideri: continuare a recitare e riuscire a portare la sua famiglia in Italia. "Quando recito mi sento libero, posso esprimere le mie emozioni e i miei pensieri senza paure. Gli spettacoli teatrali mi permettono di aiutare economicamente mia madre. Lei è rimasta male quando le ho detto che non sono ancora in grado di farla venire da me insieme ai miei fratelli. E io voglio farcela a tutti i costi, è la cosa più importante: loro contano su di me, la nostra felicità sta nelle mie mani e non posso deluderli. Tante cose non mi piacciono, ma non mi fermo al primo ostacolo".

Le parole di Edison scorrono naturali, come se fosse naturale che un ragazzo di 17 anni si prenda certe responsabilità. Come lui, presso i centri d’accoglienza, ci sono tanti minori non accompagnati. Molti suoi coetanei non ce la fanno: una volta maggiorenni entrano nel sommerso, oppure – dopo tanti sacrifici – vengono rimpatriati, perché non trovano un lavoro in regola. "Il nostro spettacolo – spiega Alessandro Santoro – racconta tutte queste storie, con l’intento di risolvere i problemi di tanti Edison. Ragazzi intrappolati in un purgatorio, per i quali è estremamente difficile andare avanti ed è drammatico tornare indietro".

"E se oggi, grazie alla sensibilità della gente e alle istituzioni italiane, Edison ha buone speranze di farcela a realizzare i suoi sogni – aggiunge Santoro -, vuol dire che altrettanto può accadere con i ragazzi nella sua situazione". L’Associazione culturale ‘Oistros’, di cui Alessandro fa parte, ha fatto una petizione per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’argomento. Sono già state raccolte cinquecento firme e sono arrivate trenta offerte di lavoro per Edison.

Antonia Ilinova

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