Menu

Il portale dell'immigrazione e degli immigrati in Italia

in

Flussi d’ingresso: tutte le novità del nuovo decreto nella mini-guida del Ministero del Lavoro

Roma, 16 marzo 2023 – Dovranno essere convertite in legge entro il prossimo 10 maggio le nuove norme in materia di flussi di ingresso e di contrasto all’immigrazione irregolare volute dal Governo dopo la tragedia di Cutro.

Ecco in sintesi  tutte le principali novità introdotte dal Decreto Legge n. 20 del 10 marzo 2023  per il quale è già iniziato al Senato l’iter di conversione in legge (AS 591).

Nuove modalità di programmazione dei flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri

In base all’attuale normativa (art. 3 D.lgs. n. 286/98) la programmazione dei flussi di ingresso dovrebbe essere realizzata principalmente attraverso due strumenti: il decreto annuale sui flussi e un documento programmatico triennale contenente le linee di indirizzo generale per la definizione dei flussi di ingresso. A causa del lungo e complesso processo consultivo previsto per la sua adozione l’ultimo documento programmatico adottato è stato quello relativo al triennio 2004-2006 (D.P.R. 13 maggio 2005). Il decreto flussi è così diventato  da strumento attuativo del documento programmatico ad unico provvedimento attraverso il quale il Governo stabilisce ogni anno le quote massime di stranieri da ammettere in Italia per motivi di lavoro.

La modifica introdotta dal nuovo decreto (art 1) prevede, in deroga alle disposizioni vigenti, che per il triennio 2023-2025  venga adottato un decreto triennale sui flussi di ingresso per motivi di lavoro, deliberato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri dopo un’ampia consultazione. Nel decreto triennale verranno indicati sia criteri generali per la definizione dei flussi di ingresso sia e le quote massime di ingresso per ciascun anno. Nel decreto potranno anche essere riservate quote ai lavoratori di Stati che si impegnano a promuovere campagne mediatiche sui rischi per l’incolumità personale derivanti dall’inserimento in traffici migratori irregolari. A fronte di specifiche sopravvenute esigenze, potranno in ogni caso essere adottati nel corso del triennio anche ulteriori decreti flussi annuali.
La nuova norma prevede, infine, che le domande che non verranno accolte per mancanza di quote potranno essere esaminate, presumibilmente in via prioritaria e previo rinnovo della domanda, nell’ambito delle quote che si renderanno successivamente disponibili.

Misure per la semplificazione e l’accelerazione delle procedure di rilascio del nulla osta al lavoro

Le misure introdotte (art 2)  stabilizzano le semplificazioni che erano state previste, in deroga alle disposizioni vigenti, dal DL n. 73/2022 e che già attualmente vengono adottate in via sperimentale per esaminare le domande di nulla osta al lavoro presentate nell’ambito del decreto flussi 2022.

In particolare, allo scopo di rendere effettivo il termine previsto per il rilascio del nulla osta al lavoro, anche stagionale, si prevede che, decorsi 60 giorni dalla presentazione della domanda, lo Sportello unico per l’immigrazione rilascia in ogni caso il nulla osta al lavoro, anche se non sono stati acquisiti, in fase istruttoria, dalla questura competente, le informazioni su eventuali elementi ostativi al rilascio del nulla osta al lavoro.

Si tratta di un termine più lungo di quello che attualmente si sta sperimentando (ovvero 30 giorni), ma decorso il quale  comunque il nulla osta verrà rilasciato automaticamente ed inviato alle Rappresentanze diplomatiche italiane dei Paesi di origine per il rilascio del  visto di ingresso. Non essendo stata introdotta la stabilizzazione della norma che prevedeva il rilascio del visto entro 20 giorni dalla domanda (art. 42, comma 3 del DL 73/2022), torna per il rilascio di quest’ultimo il termine generale di 90 giorni (art.5, comma 8, d.p.R. 394/99, Regolamento di Attuazione al Testo Unico sull’Immigrazione) 

Sono state, inoltre, stabilizzate, attraverso un nuovo articolo introdotto nell’ambito del D.lgs n. 286/98 (art. 24 bis) le semplificazioni, sulle verifiche relative all’osservanza delle prescrizioni del contratto collettivo e la congruità del numero delle richieste presentate. Anche in tal caso si tratta di una procedura già applicata in via sperimentale nell’ambito dell’ultimo decreto flussi, e già confermata anche per il 2022 e 2023,  in base alla quale, fatti salvi i controlli a campione da parte dell’Ispettorato nazionale del lavoro in collaborazione con l’Agenzia delle Entrate, la verifica dell’osservanza dei presupposti contrattuali richiesti dalla normativa vigente ai fini dell’assunzione di lavoratori stranieri viene demandata a professionisti e organizzazioni datoriali. In caso di esito positivo di tali verifiche, la norma prevede che venga rilasciata apposita asseverazione che il datore di lavoro dovrà presentare in allegato alla richiesta di assunzione del lavoratore straniero.

Misure per rafforzare i corsi di formazione all’estero

Le nuove norme (art 3, comma 1) mirano a rafforzare e rilanciare il canale di ingresso riservato ai lavoratori formati all’estero,  prevedono che, così come già altre categorie di lavoratori stranieri,  anche i lavoratori che abbiano completato appositi programmi di istruzione e formazione nei Paesi di origine, possano fare ingresso al di fuori delle quote previste dal decreto flussi.

Le nuove norme prevedono, inoltre, che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali dovrà adottare delle linee guida con le quali verranno fissate nuove modalità di predisposizione dei programmi di formazione professionale e civico-linguistica e individuati i criteri per la loro valutazione. Lo stesso  Ministero inoltre, anche con il concorso di proprie agenzie strumentali e società in-house, potrà promuovere la stipula di accordi di collaborazione e intese tecniche con soggetti pubblici e privati operanti nel campo della formazione e dei servizi per  il  lavoro nei Paesi terzi.

Conversione dei permessi di soggiorno da studio a lavoro al di fuori delle quote

Tra le novità introdotte dalla nuove norme (art. 3, comma 2), vi è la previsione in base alla quale il permesso di soggiorno rilasciato per motivi di studio e formazione può essere convertito al di fuori delle quote. Si tratta di una norma che mira ad impedire la creazione di nuova irregolarità e favorisce l’ integrazione stabile e la partecipazione attiva dello straniero al mercato del lavoro. In coerenza con le disposizioni del DL 130/2020, con cui era stata estesa la convertibilità in permessi di soggiorno per motivi di lavoro di diverse tipologie di permessi di soggiorno, tra cui quelli per protezione speciale, per acquisto della cittadinanza, per assistenza minori, per motivi religiosi e per cure mediche, grazie alle nuove norme anche i permessi di soggiorno per motivi di studio diventano pienamente convertibili in lavoro, senza che sia necessario, come era fino ad oggi, attendere l’adozione del decreto flussi. La possibilità di convertire al di fuori delle quote, prima prevista solo per coloro che conseguivano in Italia il diploma di laurea, un master o un dottorato, viene quindi ora in generare estesa a tutti i titolari di un permesso di soggiorno per motivi di studio/formazione.

Durata del permesso di soggiorno rinnovato

Le nuove norme (art. 4) modificano la durata , in fase di rinnovo, del permesso di soggiorno rilasciato per lavoro a tempo indeterminato, per lavoro autonomo o per ricongiungimento familiare. In particolare mentre resta in fase di primo rilascio la norma che prevede che tali permessi abbiano una durata massima biennale, viene tuttavia ora previsto, che quando si chiede il rinnovo di tali permessi, questo possa essere disposto per una durata massima di tre anni, anziché due come oggi. In questo modo, al termine del primo rinnovo, in presenza degli altri requisiti previsti dalla legge, lo straniero potrà direttamente richiedere un permesso di soggiorno per lungo soggiornanti.

Modifiche al permesso di soggiorno per protezione speciale

Il nuovo decreto modifica in senso più restrittivo i presupposti per ottenere la protezione speciale, un istituto previsto per  protegge la persona dall’espulsione  o dal   respingimento verso  uno  Stato  in  cui  possa  essere  oggetto  di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di orientamento sessuale, di identità di genere di lingua,  di  cittadinanza,  di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o  sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un  altro  Stato  nel quale non sia protetto dalla persecuzione. Parallelamente vengono protette tutte le situazioni in cui esistano fondati motivi di ritenere che lo straniero, in caso di espulsione, rischi di essere sottoposto a tortura o a trattamenti inumani o degradanti o di violazioni sistematiche e gravi di diritti umani. Il DL 173/2020 escludeva espressamente la possibilità di allontanamento dello straniero dal territorio nazionale, qualora ciò comportasse una violazione del diritto al rispetto della propria vita privata e familiare. In particolare, l’amministrazione, in base a tali disposizioni, doveva tenere di conto dei vincoli familiari dell’interessato, del suo effettivo inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché dell’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il Paese di origine.
Le nuove norme (art.7) hanno abrogato le novità introdotte dal DL 173/2020, togliendo quindi rilievo al fatto che l’ espulsione possa  essere  gravemente lesiva di un radicamento della persona.
Le nuove norme prevedono, inoltre, che il permesso di soggiorno per protezione speciale (di durata biennale), possa essere alla scadenza rinnovato per una sola volta e per non più di un anno. Resta la possibilità in presenza dei presupposti previsti dalla legge di convertire tale permesso in un permesso per motivi di lavoro.
Viene prevista  una disciplina transitoria, in base alla quale alle domande di riconoscimento della protezione speciale presentate in data anteriore all’entrata in vigore del decreto-legge in esame (11 marzo 2023), nonché ai casi in cui lo straniero abbia già ricevuto dalla competente questura l’invito a presentare l’istanza di protezione speciale, continuano ad applicarsi le norme abrogate 

Norme per favorire l’ingresso di lavoratori nel settore agricolo e contrastare le agromafie

Le nuove norme (art. 5) prevedono che i datori di lavoro del settore agricolo che hanno fatto domanda per l’assegnazione di lavoratori agricoli  nell’ambito del decreto flussi, ma non sono riusciti, per mancanza di quote, ad assumere il lavoratore, potranno essere preferiti rispetto ai nuovi richiedenti nell’ambito delle quote fissate nel successivo decreto flussi.
Al fine di proteggere il mercato nazionale dalla criminalità agroalimentare, le nuove norme prevedono per il personale dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari, inquadrato nell’area delle elevate professionalità e nell’area funzionari, la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria; il restante personale inquadrato nell’area assistenti e nell’area operatori è agente di polizia giudiziaria.

Centri per migranti

Il Governo ha anche introdotto (art. 6) norme disposizioni volte a fronteggiare situazioni straordinarie nella gestione dei centri per migranti, dovute ad inadempimento grave, da parte dell’impresa aggiudicataria, degli obblighi previsti dal capitolato di gara, ove l’immediata cessazione dell’esecuzione del contratto possa compromettere la continuità dei servizi indifferibili per la tutela dei diritti fondamentali nonché la salvaguardia dei livelli occupazionali. Si prevede, in particolare, che in tali casi il prefetto possa nominare uno o più commissari, per la straordinaria e temporanea gestione dell’impresa (limitatamente all’esecuzione del contratto di appalto) e, al contempo, avviare le procedure per l’affidamento diretto di un nuovo appalto per la gestione del centro, senza previa pubblicazione del bando.

centri per migranti cui fa riferimento la disposizione sono:

  • i centri governativi di prima accoglienza e le strutture temporanee di accoglienza – CAS (nei quali vengono accolti i richiedenti protezione internazionale);
  • i punti di crisi (cd. Hotspot), dove affluiscono, per le esigenze di soccorso e di prima assistenza, gli stranieri giunti nel territorio nazionale a seguito di operazioni di salvataggio in mare (o rintracciati in occasione dell’attraversamento irregolare della frontiera);
  • i centri di permanenza per i rimpatri, ove sono trattenuti gli stranieri in attesa di esecuzione di provvedimento di espulsione

Con riferimento ai centri per i rimpatri (CPR) le nuove norme (art. 10) prevedono, inoltre la possibilità, in sede di individuazione, acquisizione o ampliamento dei centri, di derogare al codice dei contratti pubblici, consentendo una maggiore speditezza nello svolgimento delle procedure. L’efficacia della deroga è limitata fino al 31 dicembre 2025. È fatto, comunque, salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione.

Norme per prevenire e contrastare l’immigrazione irregolare

L’articolo 8 del nuovo decreto contiene disposizioni penali volte, da un alto, a inasprire le pene per i delitti concernenti l’immigrazione clandestina (innalzando di un anno i rispettivi limiti minimi e massimi di pena detentiva) e, dall’altro, a prevedere la nuova fattispecie di reato di morte e lesioni come conseguenza di delitti in materia di immigrazione clandestina.

Per tale nuovo reato vengono  previste gravi pene:

  • da 10 a 20 anni per lesioni gravi o gravissime a una o più persone;
  • da 15 a 24 anni per morte di una persona;
  • da 20 a 30 anni per la morte di più persone.

Si tratta di un reato comune, in quanto può essere commesso da chiunque ponga in essere – in violazione delle disposizioni del T.U. immigrazione – una delle condotte descritte dal comma 1 del nuovo articolo, ossia: promuovere, dirigere, organizzare, finanziare o effettuare il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compiere altri atti diretti a procurarne illegalmente l’ingresso nel territorio dello Stato, ovvero di altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente. Per integrare la fattispecie occorre inoltre che il trasporto o l’ingresso siano attuati con modalità tali da esporre le persone a pericolo per la loro vita o per la loro incolumità o sottoponendole a trattamento inumano o degradante. L’elemento aggiuntivo che caratterizza la nuova fattispecie di reato rispetto alle ipotesi di reato già previste nel nostro ordinamento (art. 12, comma 1, TUI), è la causazione non voluta di un evento in danno delle persone trasportate, o comunque oggetto dell’attività di immigrazione clandestina.
In merito al nuovo reato, viene anche previsto che  ai fini della sussistenza della giurisdizione italiana, non assume rilievo la circostanza che l’evento (morte o lesioni) si sia verificato al di fuori del territorio dello Stato italiano ove si tratti di condotte finalizzate a procurare l’ingresso illegale nel territorio italiano.

 Infine, vengono introdotte alcune modifiche in materia di espulsione e ricorsi e di decisioni sul riconoscimento della protezione internazionale. In particolare (art. 9) si  prevede che il termine di sessanta giorni (in luogo del termine ordinario di trenta giorni)  per i ricorsi avverso le decisioni sulle domande di protezione internazionale si applichi solo se il ricorrente si trovi all’estero e non, come finora previsto, se abbia la residenza all’estero.
Viene, inoltre, eliminata la necessità della convalida del giudice di pace per l’esecuzione con accompagnamento alla frontiera del decreto di espulsione, qualora l’espulsione sia stata disposta dal giudice a titolo di misura di sicurezza ovvero a titolo di sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione.
Viene, infine , soppresso il meccanismo di intimazione a lasciare il territorio nazionale entro il termine di quindici giorni, previsto in occasione della notificazione allo straniero del rifiuto del permesso di soggiorno.
In base all’attuale normativa, nel caso in cui  le autorità rifiutino la domanda di permesso di soggiorno, il questore, in occasione  della notificazione del rifiuto, concede allo straniero un termine non superiore a  quindici giorni lavorativi, per presentarsi al posto di polizia di frontiera indicato  e lasciare volontariamente il territorio dello Stato. A seguito della modifica introdotta, tale possibilità non viene più concessa, fermo restando che procedimento di rimpatrio che potrà prevedere, comunque, ai sensi  dell’articolo 13 del TUI, la partenza volontaria o coattiva.

Vedi anche:
 Decreto Legge n. 20 del 10 marzo 2023  

 Iter di conversione in legge (AS 591)

FONTE NEWS: Integrazione Migranti – Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

Clicca per votare questo articolo!
[Totale: 1 Media: 5]
Exit mobile version