Se il datore di lavoro si tira indietro, chi è arrivato in Italia potrà rimanere a cercarsi un altro lavoro. Leggi la circolare del Viminale
ROMA – Assumere un lavoratore straniero con i flussi d’ingresso è impresa ardua. Comporta un tempismo da cecchino quando si presenta domanda e soprattutto, considerati i tempi di risposta, una pazienza smisurata.
Quella pazienza però ha un limite, soprattutto per chi cerca una badante o una babysitter, e così sono tanti i datori di lavoro che quando finalmente il lavoratore arriva in Italia non sono più disposti ad assumerlo, magari perché hanno già trovato qualcun altro. Finora in questi casi c’era poco da fare: per il lavoratore si prospettava un rapido ritorno a casa, a meno che non decidesse di restare in Italia da clandestino, e questa con ogni evidenza era la strada più battuta.
Il problema era stato già affrontato in passato dal Viminale limitatamente ai casi in cui il lavoro non c’era più per cause di forza maggiore (morte dell’assistito che aveva chiesto l’ingresso di una badante o cessazione di attività dell’azienda), autorizzando il subentro di un nuovo datore di lavoro: in pratica qualcun altro poteva farsi carico della domanda e portare a termine l’assunzione. Ora però si è scelto di dare una chance di regolarità ai cittadini stranieri anche in tutti gli altri casi, quando cioè chi ne ha chiesto l’ingresso in Italia semplicemente non ha più voglia di assumerli e così non firma il contratto di soggiorno.
La soluzione è un permesso per attesa occupazione che consentiràagli interessati di rimanere in italia almeno per altri sei mesi e cercarsi un nuovo lavoro regolare, se ce la faranno si conquisteranno un permesso di soggiorno per lavoro, altrimenti dovranno rimpatriare. La procedura, come spiega una circolare firmata il 20 agosto dal direttore centrale per le politiche dell’immigrazione Mario Ciclosi, è semplice: il cittadino stranero dovrà allegare alla domanda del permesso per attesa occupazione una dichiarazione del responsabile dello Sportello Unico dell’Immigrazione dalla quale risulti che chi lo ha fatto arrivare in Italia non è più disponibile a portare a termine l’assunzione.
L’opportunità è importante, anche perché la maggiorparte delle domande è stata presentata quasi un anno e mezzo fa e col passare del tempo si ingrossa la schiera di datori di lavoro che fanno dietro-front. Si rischiava quindi che per tantissimi stranieri la lunghissima attesa finisse nel nulla, senza contare i soldi gettati per un viaggio a vuoto in Italia. Tanti poi, già irregolari in Italia, hanno sfruttato il decreto flussi per mettersi in regola, e quindi hanno fatto un viaggio rischioso anche per tornare nel loro Paese a ritirare il visto d’ingresso.
Riguardo a quest’ultima categoria di lavoratori stranieri, non si può però non considerare, insieme ai vantaggi della decisione del Viminale, l’ altro lato della medaglia, come suggerisce Roberto Morgantini del Centro Lavoratori Stranieri Cgil di Bologna.
"Spesso chi ha sfruttato per anni in nero un lavoratore clandestino alla fine si convince a presentare domanda con i flussi per metterlo in regola, ma arrivato al dunque non firma il contratto perché non vuole accollarsi tasse e contributi" racconta Morgantini. "Finora abbiamo assistito molti stranieri che si sono trovati in questa situazione e che hanno deciso di presentare denuncia per chiedere ciò che era loro dovuto. Il rischio è che con il permesso per attesa occupazione questa voglia di far valere i propri diritti venga meno, con una conseguente assoluzione totale per il datore di lavoro. È bene che i lavoratori stranieri sappiano che anche dopo aver ottenuto il permesso per attesa occupazione possono comunque fare denuncia".
(30 agosto 2007)
Elvio Pasca