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“Fratello dove sei?” L’incredibile storia di Kofi e Kwame

Figli della stessa madre, sono sbarcati insieme a Lampedusa, ma poi sono finiti in due centri di accoglienza diversi, perdendo ogni contatto. Una partitella tra richiedenti asilo in Maremma li ha fatti ritrovare

 

Roma – 14 ottobre 2011 – Lo sport unisce? A giudicare dai nostri stadi sembrerebbe una barzelletta. Chiedetelo però ai fratelli ghanesi Kofi Amoah e Kwame Attiah Rubin e vi racconteranno una storia che sembra scritta da uno sceneggiatore di fiction improbabili e melense.

I due sono sbarcati a Lampedusa all’inizio dell’estate. Fino a qualche giorno prima vivevano in Libia, ma quando la guerra civile nel Paese di Gheddafi ha reso difficile per gli immigrati non solo lavorare, ma salvare perlomeno la pelle, sono saliti su un gommone approdato sull’isola siciliana.

Figli della stessa madre, appena arrivati in Italia hanno chiesto asilo politico e a quel punto sono stati divisi, “smistati” verso due centri di accoglienza diversi. Senza cellulare, avevano perso ogni contatto e non potevano sapere di essere finiti entrambi in Maremma, uno a Orbetello, l’altro a Grosseto.

Il destino (o, se preferite, la Carrambata) era però dietro l’angolo. Lunedì scorso, al campo sportivo ‘Dogali – Miralli’ di Orbetello Scalo è stata organizzata una partita di calcio tra gli ospiti dei due programmi di accoglienza. Ed è lì che Kofi Amoah e Kwame Attiah Rubin si sono scoperti avversari, riabbracciandosi tra le lacrime per la prima volta dopo il loro viaggio nel Mediterraneo.

Dopo la partita, i due fratelli sono tornati nelle rispettive strutture di accoglienza, ma si sta studiando il modo per unirli. Comunque vada a finire, non saranno certo i quaranta chilometri che dividono Orbetello da Grosseto a tenerli lontani l’uno dall’altro.

Elvio Pasca

 

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