Spendono in media 280 euro al mese a testa e continuano ad aumentare. Dossier di Federalimentare Parma – 5 maggio 2008 – I consumi degli immigrati salvano il settore alimentare italiano, assediato da inflazione, calo delle vendite e stagnazione della produzione. A indicarli (insieme ai single e alla crescita dell’export) come le scialuppe di salvataggio dell’industria , è un dossier dal titolo "Crescere in uno scenario difficile: nuovi consumi, nuovi mercati" preparato da Federalimentare per la fiera Cibus che ha aperto stamattina a Parma.
Il dossier sottolinea la crescita costante dell’immigrazione, che si traduce in “300-400mila nuovi consumatori l’anno”, acquirenti che vantano una spesa media pro-capite di circa 280 euro al mese, ma c’è anche chi arriva a 400 euro (circa il 20% del totale). “Si tratta di consumatori “adulti” a tutti gli effetti, – nota Federalimentare – che anche in campo alimentare si comportano ricalcando abitudini ed esigenze dei nostri connazionali. A partire dalla preferenza per la GDO e dalla fedeltà alla marca”.
I clienti stranieri della Gdo sono un po` più donne (84%) di età compresa tra i 25 e i 44 anni, mentre i più fedeli al supermercato sono gli immigrati africani, rumeni e sudamericani. Se la prima catena per frequenza di utilizzo è la Lidl (30%), seguono immediatamente, con percentuali da il 25% e il 15%, tutte le altre grandi realtà (Coop, Auchan, Carrefour, GS, Esselunga, Conad) non hard discount, "a ulteriore dimostrazione del fatto che si tratta di un consumatore esigente che non rinuncia alla marca e cerca la qualità".
Gli acquisti alimentari coprono soprattutto, in ordine di frequenza di consumo, 3 gruppi principali di alimenti: il primo composto da riso, latte, pasta e caffè, il secondo da tonno in scatola, bibite gassate e biscotti e il terzo da merendine, snack, surgelati, birra, sughi pronti e cereali per la prima colazione.
“Solo quando acquistano il cous cous abbandonano l’italianità e fanno riferimento a marche del loro Paese di provenienza…” continua il dossier. Il 76% degli immigrati, infine, frequenta ristoranti e pizzerie, in genere una volta al mese ma anche (15% dei casi) tutte le settimane.