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Ha un contratto di lavoro, sarà espulso. Josè, irregolare per legge 

Dovrà tornare nel suo Paese perché la domanda d’asilo è stata respinta. Il titolare dell’azienda che lo ha assunto: “Un danno”. Bove (Cisl): “Serve regolarizzazione individuale”

 

Roma – 16 febbraio 2017 – Lo chiameremo Josè, un nome di fantasia. In parte perché ha paura di essere identificato, in parte perché la sua storia ha un valore universale, quella di tanti altri irregolari per forza, vittime di una legge sull’immigrazione che non guarda al bene dell’Italia. 

È arrivato con sua moglie da El Salvador a Milano due anni fa. Fuggivano dalle estorsioni e dalle minacce del membro di una maras, la famigerata  MS 13. Una situazione di insicurezza diffusa nella loro città, che era già costata la vita ad alcuni familiari vittime della violenza delle bande criminali. Per questo, una volta qui, hanno presentato domanda di protezione internazionale.

Josè si è messo alla ricerca di un lavoro e ha incontrato Mauro Canziani, titolare della ditta di giardinaggio Idea Verde, che ha visto in lui un potenziale collaboratore. Poteva assumerlo regolarmente? “Certo. Dopo due mesi dalla richiesta d’asilo, si può lavorare. Lo dice la legge”  ha confermato all’imprenditore l’ Anolf Cisl di Milano, che ha seguito tutta la vicenda. Ecco allora un contratto a tempo determinato e grandi progetti. 

Canziani, che fino ad allora aveva lavorato da solo, scopre in Josè e nel suo talento l’occasione di espandere la sua azienda e quindi scommette su di lui. Gli insegna il lavoro, gli dà un aumento quando la formazione è conclusa, lo aiuta a prendere la patente perché possa andare a curare giardini e piante anche da solo e immagina possa a sua volta formare altri collaboratori. 

Intanto, però, la domanda d’asilo viene respinta, prima dalla commissione territoriale, poi dal tribunale. “Josè non arriva da un Paese in guerra ed è difficile provare che tornando in Salvador rischierebbe davvero la vita. Per storie di persecuzione individuale come la sua il riconoscimento della protezione internazionale è sempre in salita” spiega Maurizio Bove, presidente dell’Anolf e responsabile immigrazione della Cisl di Milano. 

Il salvadoregno è stato convocato per il mese prossimo in Questura, probabilmente gli verrà notificato un foglio di via. E il suo lavoro? L’investimento fatto da Idea Verde nella sua formazione? I progetti futuri? La legge non ammette scappatoie: Josè non ha più diritto a restare in Italia, l’azienda deve trovare qualcun altro. 

Mauro Canziani non ci sta. Gli sembra assurdo e ingiusto, come spiega in una lettera alla Questura di Milano: “Questo per me sarà un danno non solo economico, ma anche di sviluppo imprenditoriale, in quanto tutti i progetti di quest’anno dovrò spostarli agli anni a venire”. 

Trovare qualcun altro? È Josè quello giusto. “Ho sempre considerato che i guadagni arriveranno solo se si lavora con un determinato obiettivo e con passione. Bisogna insegnare al personale rispetto per le piante, per gli attrezzi, per la gente con cui si lavora, e per se stessi. In lui ho trovato questi valori” scrive l’imprenditore. 

“Ho passato molto tempo – sottolinea Canziani – per insegnargli questo modo di lavorare, con l’obiettivo di creare una persona che a sua volta insegnerà ad altri il modo di lavorare che ha acquisito. Purtroppo tutto questo lavoro e tutto il tempo dedicato rischia di essere vanificato”.

“Questa storia è il prototipo dell’inefficienza delle nostre norme sull’immigrazione. Un’azienda che ha già regolarmente assunto un lavoratore, ora deve rinunciare a lui. Cosa credete che farà adesso Josè? Tornerà in Salvador o resterà qui a cercarsi un altro lavoro, necessariamente in nero?” chiede Maurizio Bove.

È un “corto circuito normativo”, sottolinea il sindacalista, che scatta continuamente. “Ai nostri sportelli vengono tante famiglie e imprese che vogliono assumere un lavoratore straniero, ma non possono farlo perché non ha il permesso di soggiorno. Intanto, però, i canali di ingresso regolare per lavoro sono chiusi e anche i profughi che trovano un posto, come prevede la legge, rischiano poi di fare la fine di Josè se la loro domanda d’asilo viene respinta”.

“Se come prevede la legge deve essere il lavoro a giustificare il soggiorno in Italia – ragiona Bove – allora serve anche un meccanismo di regolarizzazione individuale. Josè ha un contratto, paga l’affitto, vive e lavora alla luce del sole.  Sfido chiunque a definirlo un ‘clandestino’. Possibile che debba diventarlo per forza?”

Elvio Pasca

 

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