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Il kebab batte la porchetta e insidia la pizza

Tra i segreti del suo successo, l’organizzazione aziendale e il basso costo

Roma – 30 aprile 2009 – Alla lettera significa ‘arrosto’ e normalmente viene servito sotto forma di un gustoso panino, ripieno di carne e arricchito da verdure fresche e salsa allo yogurt. È il kebab, una pietanza di origine turca, ma ormai ben diffusa e radicata anche nella nostra gastronomia. Ed è sempre più facile vedere pizzerie al taglio che hanno sostituito l’ormai vecchio spiedo per i polli, con il classico girarrosto verticale del kebab.

Nella sola Roma, la Confederazione nazionale dell’artigianato (Cna) ha rilevato, tra il 2004 e il 2008, l’avvio o l’acquisizione di 705 pizzerie al taglio, delle quali 204 (pari al 30%) hanno un titolare straniero. E delle 204 aziende con titolare straniero oltre il 60% appartengono alle tradizioni alimentari riconducibili al kebab. Insomma, un boom del ‘panino etnico’, che rischia di far tramontare la gloriosa tradizione culinaria romana, quella della porchetta, e che potrebbe avviare l’Italia sulla strada della Germania, dove, secondo un’indagine dell’edizione tedesca del mensile Men’s Health, il kebab risulta il fast food preferito.

Nei momenti di fretta, infatti, pranza con il kebab il 34% dei tedeschi intervistati, mentre la pizza è seconda, distanziata di ben 13 punti, con il 21% di preferenze. Questa pietanza di carne e insalata sta ora conquistando il gusto dei consumatori italiani, grazie soprattutto a una strategia commerciale aggressiva, sostenuta da una efficace catena di produzione (di derivazione soprattutto turco-tedesca) e di commercializzazione (anch’essa controllata da turco-tedeschi).

Il kebab nel corso del tempo è stato adeguato al gusto europeo e alle tendenze alimentari, eliminando ormai totalmente la carne di agnello sostituita con carni bianche spesso tritate, che, tra l’altro, hanno un costo decisamente minore. Normalmente il prodotto viene preparato in grandi stabilimenti in Germania, congelato e distribuito in tutta Europa da filiali legate all’azienda produttrice. Insomma, un’organizzazione adeguata a un prodotto ormai fortemente industrializzato e globalizzato, e che ha reso il kebab economico e estremamente competitivo, nei confronti dei prodotti italiani assimilabili, quali la porchetta e la stessa pizza al taglio.

Infatti, a differenza della porchetta, che ha mantenuto una distribuzione legata a specifici chioschi principalmente su area pubblica e solo ora sta entrando nella distribuzione sia tradizionale che organizzata, il kebab viene venduto, oltre che in esercizi dedicati (kebabberie), spesso nelle stesse pizzerie al taglio. La porchetta, che è un prodotto fresco, ha un costo che si aggira sui 15 euro al kg. Il Kebab, prodotto industrialmente in Germania con carni essenzialmente bianche, congelato e poi immesso nei mercati europei, ha un costo di 3-4 euro al kg.

E pensare che proprio pochi giorni fa la Lombardia ha approvato la cosiddetta norma “anti-kebab” sulla vendita di alimenti destinati all’immediata consumazione e che nel nord Italia la guerra al kebab è seconda solo a quella contro le moschee.

a.i.

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