Il nuovo sistema di accoglienza dei rifugiati, tassa sui permessi di soggiorno, sanatoria, Decreto Minniti, la riforma della cittadinanza, minori stranieri non accompagnati – Manzione ci racconta l’azione di governo
Roma – 27 aprile 2017 – In una conversazione esclusiva con Stranieri in Italia, il Sottosegretario al Ministero dell’Interno con delega all’immigrazione Domenico Manzione racconta l’azione di governo degli ultimi 4 anni in materia di gestione dell’immigrazione.
Manzione inizia così la nostra conversazione inquadrando il contesto in cui i governi che si sono succeduti dalle ultime elezioni del 2013 hanno dovuto agire: “Con il forte impatto della Primavera araba sulla gestione dell’accoglienza da una parte e dall’altra la crisi economica che ha avuto effetti sull’occupazione degli immigrati residenti, il governo italiano ha dovuto prendere decisioni non facili e a fare scelte non scontate che hanno prodotto un nuovo sistema di accoglienza mentre altre sfide rimangono per quanto riguarda le politiche dell’immigrazione. Il nostro approccio è stato quello di affrontare il fenomeno secondo una logica di filiera: operazione di salvataggio con Mare Nostrum, l’accoglienza per chi può beneficiare di protezione internazionale. Purtroppo devo riconoscere che ci siamo occupati più di persone che sbarcano che di chi già vive nel nostro paese. L’accoglienza è stata la cifra prevalente della politica sull’immigrazione negli ultimi 4 anni”.
Il nuovo sistema di accoglienza
Nel 2014 il Sottosegretario è stato l’architetto del nuovo sistema di accoglienza richiedenti asilo in Italia. Prima non esisteva un accordo fra lo stato centrale, le regioni e le autonomie locali per la gestione del fenomeno migratorio.
L’accordo del 2014 ha creato un piano stabile e strutturato con una serie di punti di forza. “Prima di tutto quello della co-responsabilizzazione fra lo stato centrale e le autonomie locali perché essendo un problema che riguarda tutti, evidentemente la gestione di questo problema non può che essere comune a tutte le istituzioni del Paese – spiega Manzione – Il secondo è il ripudio delle grandi concentrazioni della presenza di strutture che fino ad oggi hanno dato solamente problemi e non hanno risolto invece nessun tipo di inconveniente, e quindi direi l’obiettivo preciso verso un’accoglienza che sia più possibile diffuso.”
Nell’immaginare l’accoglienza diffusa, Manzione dice che hanno messo una serie di paletti. “I paletti principali riguardano le regioni perché abbiamo deciso attraverso il criterio che riguarda la distribuzione del fondo sociale, di distribuire all’interno del territorio nazionale con una quota determinata e coincidente con quella del fondo sociale, le presenze delle persone sbarcate sul nostro territorio all’interno delle regioni. Questo ci ha consentito di evitare che le singole regioni supportassero un peso eccessivo rispetto a questo fenomeno.”
Prima dell’avvio del nuovo piano di accoglienza, la Sicilia per esempio era arrivata in certi momenti storici ad avere circa di 30% delle presenze delle persone sbarcate sul territorio nazionale. Ad oggi secondo Manzione, c’è sostanzialmente una distribuzione omogenea.
Per facilitare ulteriormente la distribuzione dei richiedenti asilo a livello comunale, il governo ha fatto un’intensa con l’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI) che prevede dei piccoli incentivi per le enti che vogliono seguire il percorso chiamato SPRAR – Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati. “Questo è un progetto del terzo settore d’intesa con il comune che oltre a garantirci una maggiore tenuta del tessuto sociale, fornisce verosimilmente secondo la nostra esperienza, il miglior viatico per una successiva integrazione,” afferma Manzione.
Nonostante le buone intenzioni, il nuovo sistema di accoglienza incontra un sacco di ostacoli. “Il primo ostacolo fondamentale deriva dal fatto che mentre questo sistema si andava strutturando, il numero degli sbarchi anziché diminuire è aumentato molto significativamente – racconta Manzione – Per un sistema che sta cercando di strutturarsi nella durata, avere un numero di sbarchi via via in progresso chiaramente non è una cosa che aiuta allo sviluppo, tanto è che noi siamo molto cresciuti nell’accoglienza ma siamo cresciuti troppo in fretta è quindi non bene.”
Quando è stato lanciato il nuovo sistema di accoglienza tre anni fa, la presenza nel sistema di accoglienza era di circa 25 mila persone di cui 9 mila erano nel percorso SPRAR.
“Oggi abbiamo circa 176 mila persone nel sistema di accoglienza – rivela Manzione – Il numero di SPRAR però è cresciuto proporzionalmente molto meno perché negli SPRAR ci sono circa 30 mila persone e tutti gli altri sono nei centri straordinari.”
Il governo sta lottando per riuscire in qualche maniera ad assorbire tutti i casi nel circuito SPRAR. “Siccome è basato sulla volontarietà della località, siamo impegnati intanto a creare gli incentivi migliori possibili affinché i comuni aderiscano a questo progetto, ma anche ovviamente a svolgere continuamente un’opera di convincimento nei confronti della territorialità.”
Ci sarà la sanatoria?
In questi anni di crisi centinaia di migliaia di immigrati hanno perso il lavoro e quindi il permesso di soggiorno. Tanti sono rimasti qui, ma costretti a lavorare in nero. “Non ci sono gli spazi ora per una sanatoria in termini generali perché in parlamento probabilmente non ci sarebbero i numeri,” dice Manzione, che però riconosce la gravità della situazione.
“Questo è un problema reale, noi c’è lo siamo posti – spiega Manzione – lo abbiamo affrontato con i sindacati e siamo riusciti attraverso una lettura della normativa già esistente, a immaginare una possibilità di procrastinazione del permesso di soggiorno proprio per chi ha perso il lavoro e evidentemente e alla ricerca di un lavoro nuovo.”
La tassa sui permessi di soggiorno
La Corte di giustizia europea si era già espressa nel settembre 2015 dichiarando illegittimo il decreto che introduceva la tassa sui permessi perché era “sproporzionata e in aperta contraddizione con le finalità di integrazione e accesso ai diritti”.
Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 04487 del 26.10.2016, ha annullato il Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 6 ottobre 2011, nella parte che prevedeva l’obbligo di pagare una tassa compresa tra 80 € e 200 € per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno, confermando il contenuto della sentenza con la quale il T.A.R Lazio si era già pronunciato il 24 maggio 2016.
Il 16 febbraio scorso il Tribunale di Napoli ha accolto il ricorso presentato da una famiglia burkinabé, e condannato il governo a restituire una parte della tassa per ottenere rinnovo dei permessi.
Fino ad oggi sono già state inviate al governo 50mila richieste di rimborso.
Il governo risarcirà chi ha pagato la tassa sui permessi che è stata abolita o dovranno continuare a rivolgersi ai tribunali? Ecco la risposta del Sottosegretario: “Il governo autonomamente non può risarcire la tassa per un motivo molto semplice. L’idea che stava dietro a questa tassa era questa: voi pagate un contributo allo stato per il permesso di soggiorno, io con una parte di quel contributo alimento il fondo che mi serve per poter effettuare i rimpatri. La Corte europea ha stabilito che quello che viene richiesto è eccessivo, non ha detto che non bisogna pagare niente per avere il permesso di soggiorno.”
Insomma il governo non può rimborsare chi ha pagato la tassa sui permessi perché è una vicenda “un pochino più complicato tenendo conto delle magre finanze del periodo che attraversiamo in questo momento – dice Manzione – Però il vero problema è un problema di carattere normativo, io credo che per poter intervenire in maniera risolutiva ci vorrebbe un intervento normativo che in qualche maniera tenesse conto sia dall’atteggiamento assunto dalle nostre questure sia da quella sentenza della Corta europea che va sicuramente osservata.”
Il Sottosegretario sottolinea il fatto che la sentenza della Corta europea non elimina radicalmente la tassa sui permessi, ma lascia dei margini di discrezionalità sui quali bisognerebbe che il parlamento si esercitasse. “Il parlamento dovrebbe dire quanto è giusto che sia pagato all’atto della richiesta del permesso di soggiorno,” dice Manzione.
Decreto Minniti e la qualità delle decisioni
Il 12 aprile la Camera dei Deputati ha approvato in via definitiva il Decreto Minniti (Disposizioni urgenti per l’accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale, nonché per il contrasto dell’immigrazione illegale).
Secondo Manzione, il Decreto Minniti “cerca di rendere il più possibile rapida la procedura per il riconoscimento del diritto di asilo.”
Il Sottosegretario è convinto che il nuovo sistema migliorerà la qualità delle decisioni sulle domande di asilo. “Il governo, e il ministero della giustizia in particolare ha puntato non tanto come sostengono gli osservatori più critici sulla soppressione di un grado di giudizio, ma piuttosto sul cambiamento qualitativo del tipo di decisione perché ha previsto sostanzialmente l’esistenza di giudici specializzati che si occupano quasi esclusivamente di queste materie – spiega Manzione – Questo è un miglior viatico per avere decisioni di buona qualità. Il ministero della giustizia ha istituito le sezioni specializzati in ogni distretto di Corte di appello e ha assicurato la collegialità della decisione rispetto alle istanze che vengono poste. Con la nuova organizzazione che scaturisce della Legge 46 debutteranno 26 sezioni specializzate già dal 17 agosto 2017.”
Il decreto continua a ricevere forti critiche da parte delle organizzazioni che si occupano degli immigrati che ritengono che abbia un approccio molto securitario. Manzione che non condivide questa lettura, afferma: “Il decreto non ha un approccio securitario. Credo che qui di fondo ci sia piuttosto un equivoco. Il decreto fissa un paio di concetti sui quali io sono convinto che siamo tutti assolutamente d’accordo. La divergenza è piuttosto nel modo con cui riusciamo ad ottenere certi risultati perché il primo obiettivo è quello di ottenere una maggiore rapidità nelle decisioni. Da sempre tutti ci lamentiamo del fatto che la procedura per il riconoscimento del diritto di asilo è assolutamente lunga. Una osservazione che è abbastanza comune tra tutte le forze politiche è che chi ha diritto deve rimanere e chi non ha diritto evidentemente deve essere rimandato al paese di origine.”
La riforma della cittadinanza è una priorità del governo
Per quanto riguarda la riforma della cittadinanza per i figli degli immigrati che è ferma al senato da troppo tempo, il Sottosegretario afferma che la riforma è ancora una priorità del governo e spiega il perché dello stop. “La legge sulla cittadinanza ha avuto uno stop al senato tuttavia dichiaratamente, lo stop è stato legato al tentativo di non crearne un argomento di discussione nell’ambito di due importanti campagne elettorali che abbiamo avuto nel nostro paese, l’ultima è quella referendaria. Io ho la speranza che però è anche una mia personale convinzione, che nel momento in cui avremmo superato l’ultimo scoglietto che sono le prossime elezioni amministrative possa decollare con un dibattito in aula. L’accordo che è stata trovata alla Camera tra le diverse componenti della maggioranza fa ben sperare anche per un’approvazione al Senato, che io ovviamente auspico sia rapida possibile.”
Miglior tutela dei minori stranieri non accompagnati
Manzione che ha giocato un ruolo chiave nell’approvazione della legge sulla tutela dei minori stranieri non accompagnati, è orgoglioso del risultato ottenuto. “Il punto fondamentale – secondo il Sottosegretario – è la personalizzazione rispetto ai tutori che devono vigilare affinché ci sia il pieno rispetto di tutti i diritti dei minori non accompagnati, la procedura per stabilire la minor età o meno dei minori non accompagnati e tutti i diritti che ne conseguono da quello allo studio, a quello alla salute a quello alla formazione fino all’integrazione.” Infine, il sottosegreteria ci ha annunciato un’iniziativa su questo tema durante il mese di maggio.
Stephen Ogongo Ongong’a