La sentenza della cassazione non riguarda i titolari di carta di soggiorno, che sono il 60% degli extraue residenti. Asgi: “Molti enti pubblici, però, ancora non adeguano"
Roma – 4 settembre 2014 – La sentenza della Cassazione contro l’accesso degli immigrati al pubblico impiego riguarda solo una minoranza degli stranieri in Italia.
A mettere i puntini sulle i è l’Asgi, che ricorda come la legge europea 2013 ha aperto i concorsi pubblici anche ai cittadini extraue titolari di un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, la cosiddetta carta di soggiorno, oltre che ai titolari di un permesso per protezione internazionale, che hanno cioè lo status di rifugiato o la protezione sussidiaria. I cittadini comunitari sono ammessi fin dal 1994.
Oggi, ad avere la carta di soggiorno, sono oltre il 60 per cento degli stranieri extracomunitari regolarmente soggiornanti in Italia. Quindi, sottolinea l’Asgi, “la maggioranza dei cittadini non comunitari presenti sul territorio nazionale è ammessa, per legge, a partecipare ai concorsi pubblici per tutte le posizioni di lavoro che non comportino l’esercizio di pubbliche funzioni”.
L’associazione denuncia però che a un anno esatto di distanza dall’entrata in vigore della legge europea 2013, le pubbliche amministrazioni appaiono spesso in grave ritardo nell’adeguarsi e scrivono bandi di concorso “ancora formulati in termini illegittimi o ambigui”. Sul punto ASGI ha recentemente chiesto un intervento del Dipartimento della funzione pubblica.
La cittadina albanese che aveva fatto ricorso, senza successo, in cassazione, era titolare di un semplice permesso di soggiorno. E comunque molti tribunali italiani la pensano diversamente e hanno già dato l’ok all’assunzione nella PA di cittadini extraue che si trovavano nella stessa situazione.
“La questione – conclude l’Asgi – resta tuttora aperta. Noi continueremo a operare in ogni sede affinché il percorso di uguaglianza avviato con la legge europea 2013 sia completato”.