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Immigrazione regolare in Italia: la riforma del decreto flussi e le sue contraddizioni

Roma, 4 ottobre 2024 – In Italia, la via principale per l’immigrazione legale è rappresentata dai cosiddetti decreti flussi, un meccanismo che richiede ai migranti di ottenere un lavoro già prima di arrivare nel Paese. Questo sistema è in vigore dal 2002 con la legge Bossi-Fini, e rimane un pilastro della politica migratoria italiana. Tuttavia, le critiche al suo funzionamento non sono mai mancate, né da parte dei datori di lavoro né dagli stessi migranti. La recente riforma varata dal governo Meloni, pur introducendo alcune modifiche, mantiene intatto l’impianto di base, che continua a sollevare questioni su efficienza e giustizia.

Come funziona il sistema dei decreti flussi

L’elemento centrale dei decreti flussi è che i migranti non possono entrare in Italia per cercare un lavoro: devono averlo già ottenuto prima di partire. Questo vale per tutte le categorie di lavoratori, dai più qualificati ai meno qualificati, come medici, muratori o colf. Il datore di lavoro italiano, quindi, deve selezionare un candidato ancora residente nel suo Paese di origine e chiedere il permesso alla prefettura per poterlo assumere.

Il problema è che ogni anno il governo stabilisce un numero massimo di visti, che raramente soddisfa la domanda. Nel 2023, ad esempio, le domande per i visti sono state sei volte superiori rispetto ai posti disponibili: 462.422 richieste per soli 82.705 ingressi consentiti. Questo crea una dinamica di competizione spietata, che alcuni hanno definito una “lotteria”.

Burocrazia e difficoltà

Oltre al numero limitato di visti, la procedura per ottenerli è estremamente complessa e lenta. Si compone di almeno tre fasi: il datore di lavoro deve chiedere il nullaosta alla prefettura; una volta ottenuto, lo straniero deve richiedere il visto all’ambasciata italiana nel suo Paese, un processo che può richiedere mesi. Solo dopo aver ottenuto il visto, il migrante può firmare il contratto e chiedere il permesso di soggiorno una volta in Italia.

Questa trafila burocratica spesso porta a ritardi e complicazioni. In molti casi, i sistemi informatici si bloccano durante il “click day”, il giorno in cui si aprono le domande per i nullaosta, e i ritardi negli appuntamenti alle ambasciate possono rendere l’attesa insostenibile. Nel 2023, ad esempio, il 67% delle persone che avevano ottenuto un nullaosta non erano ancora riuscite a ottenere un appuntamento all’ambasciata per il ritiro del visto.

Le novità introdotte dal governo

La riforma approvata dal governo Meloni cerca di risolvere alcune di queste problematiche. Tra le novità più importanti, c’è l’introduzione di ulteriori “click day” durante l’anno per evitare il sovraccarico dei sistemi informatici e la semplificazione della procedura online. Le domande di nullaosta potranno essere preparate prima del click day, e il sistema informatico sarà collegato alle banche dati dei vari ministeri per automatizzare alcune verifiche.

Altre modifiche riguardano la possibilità per i lavoratori stagionali di cercare un nuovo lavoro o rinnovare il contratto una volta in Italia, senza dover tornare al proprio Paese. Inoltre, per il settore dell’assistenza sociosanitaria, il governo ha introdotto un canale sperimentale che prevede l’ingresso di 10.000 persone, gestito da Agenzie per il Lavoro, bypassando il meccanismo tradizionale dei flussi.

Il sistema va superato?

Nonostante queste modifiche, il meccanismo dei decreti flussi rimane al centro di aspre critiche. Da una parte, il sistema è accusato di non rispondere alle esigenze reali del mercato del lavoro, che necessita di lavoratori in modo più rapido e flessibile. Dall’altra, è evidente che molte persone che fanno richiesta di entrare con i flussi sono già presenti illegalmente in Italia, lavorando in nero. La burocrazia e i tempi lunghi, infatti, spingono molti migranti a entrare con un visto turistico e a regolarizzare la loro posizione solo in seguito, fingendo di essere appena arrivati.

Le associazioni del terzo settore e i datori di lavoro chiedono da tempo una riforma più profonda che permetta, ad esempio, ai migranti di cercare lavoro una volta entrati in Italia, magari garantendo mezzi economici sufficienti per il proprio mantenimento. Oppure, si propone di allargare il modello sperimentale introdotto per colf e badanti a tutti i settori, facilitando l’incontro tra domanda e offerta di lavoro.

Conclusioni

Il miglior modo per contrastare l’immigrazione irregolare potrebbe essere proprio quello di rendere l’immigrazione regolare più accessibile e funzionale. Tuttavia, ciò richiede una volontà politica di smettere di trattare l’immigrazione come una minaccia e iniziare a considerarla una risorsa per il Paese. Finché il sistema rimane quello attuale, la strada verso una vera integrazione sarà lunga e complessa, e il confine tra legalità e clandestinità continuerà a essere molto sottile.

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