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IMMIGRAZIONE: SINDACI ZONE ‘CALDE’ DIVISI SU EMERGENZA

(ANSA) – ROMA, 26 LUG – Un’emergenza nazionale, "che coinvolge tutte le regioni e non solo quelle dove arrivano i barconi carichi di disperati"; "il fenomeno è diventato un business italiano"; "dobbiamo essere in grado di accogliere gli immigrati e di fargli rispettare le nostre leggi". Così – dopo lo stato di emergenza proclamato ieri dal Consiglio dei ministri per lo sbarco di clandestini raddoppiato negli ultimi mesi – sono oggi i sindaci delle zone calde dove gli arrivi di immigrati non conoscono sosta a farsi sentire, dividendosi tra chi sostiene l’obbligo di accogliere e dare assistenza e chi ritiene gli ultimi provvedimenti varati dal governo "una mossa propagandistica" che "alimenta la paura del diverso". LAMPEDUSA – Il sindaco Bernardino de Rubeis, lancia una provocazione: "A questo punto mi auguro che se, è proprio necessario costruire dieci nuovi centri per lo smercio di questa carne umana, facciamoli in Sicilia, almeno diamo lavoro ai disoccupati". Ma ritiene il fenomeno dell’immigrazione clandestina ormai un "business italiano", dicendosi "amareggiato per non essere stato mai ascoltato dal governo: Lampedusa è un luogo di frontiera eppure il ministro Maroni non ha sentito l’esigenza di interpellarmi". E più che sullo stato d’emergenza, già in vigore in Sicilia, De Rubeis confida "nei nuovi poteri assegnati ai sindaci col pacchetto sicurezza". ISOLA CAPO RIZZUTO (CROTONE) – Il sindaco Carolina Girasole non ha dubbi: "Dobbiamo essere in grado di accogliere gli immigrati ma anche di fargli rispettare le nostre leggi. Senza dimenticare che anche noi italiani, siamo stati emigranti". Girasole rileva poi come se si riescono a stabilire delle regole e gli immigrati ad integrarsi "non c’é nessun problema di emergenza". Ma allo stesso tempo osserva che "quelli che non lavorano non possono rimanere". PADOVA – Per il sindaco Flavio Zanonato la dichiarazione dello stato di emergenza non è altro che "una mossa propagandistica. Sollecita uno stato d’animo di ulteriore allarme e preoccupazione, ma non da né strumenti, né risorse in più per affrontare il problema. Stanno cercando di nascondere che sulle questioni di fondo non fanno le cose, come sulla sicurezza a cui stanno tagliando fondi in modo massiccio. Se con lo stato di emergenza non mi danno più soldi e strumenti allora significa che siamo al livello di una boutade". TRIESTE – Secondo il sindaco Roberto Di Piazza il Governo "ha fatto bene. Non si poteva andare avanti com’ è stato fatto finora. Qualsiasi cosa fa il Governo in questo momento è sempre meglio del nulla degli ultimi cinque-sei anni". "Gli immigrati ora non arrivano più attraversando la frontiera a piedi, come hanno fatto per anni, proprio qui, nel Nordest – ha aggiunto- vengono seguendo mille strade diverse, anche in aereo, con visti turistici, e sono in tutto il Paese". CARBONIA (CAGLIARI) – "E’ un decreto che alimenta la paura del diverso, che dà dell’Italia un’immagine distorta: non siamo un Paese preso d’assalto da truppe di barbari". Così sugli ultimi provvedimenti varati dal governo, Salvatore Cherchi (Pd), sindaco di Carbonia, comune della zona sud occidentale della Sardegna, la più colpita dal fenomeno degli sbarchi (oltre cento solo oggi). (ANSA).

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