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Che cos’è il “rimpatrio forzato accompagnato” che Piantedosi propone all’Ue

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Roma, 26 gennaio 2023 – Mancano due settimane all’incontro di Bruxelles nel quale i capi di Stato dovranno discutere, tra le altre cose, di immigrazione. Nonostante questo, all’interno dell’Unione europea sembra ancora dominare il caos sulla questione migranti e rimpatri. Durante il vertice informale di oggi, il primo sotto la presidenza svedese, però, si è si è parlato di rafforzamento della cooperazione con i paesi extra-Ue per i rimpatri e le politiche migratorie.

Immigrazione, Piantedosi: “Lavoriamo per un rimpatrio forzato accompagnato”

“Ritengo sia opportuno lavorare per sviluppare un terzo modello di rimpatrio che potremmo chiamare “rimpatrio forzato accompagnato“. Un’operazione di ritorno che sia associata a progettualità di reintegrazione, anche in caso di rimpatri forzati, può infatti agevolare la collaborazione dello straniero, stimolare i Paesi terzi di provenienza a rafforzare la cooperazione e concorrere a contrastare le cause profonde dell’immigrazione”, ha dichiarato il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi al suo arrivo in Svezia. Il “terzo modello”, quindi, si andrebbe ad aggiungere alle due tipologie di rimpatrio attualmente riconosciute dall’Unione europea: il rimpatrio volontario e quello forzato.

“La situazione è grave quando si parla di migrazione in Europa. Stiamo assistendo a un aumento degli arrivi irregolari”, ha commentato poi Maria Malmer Stenegaard, ministra svedese per le Migrazioni al suo arrivo a Stoccolma. E’ vero però che ogni Stato membro ha le sue priorità quando si parla di immigrazione. “Nel 2022 oltre 100mila persone hanno chiesto asilo in Belgio e questo ha messo sotto pressione la nostra capacità di accoglienza. È chiaro che in un’area senza frontiere interne abbiamo bisogno di una politica europea per affrontare la migrazione, che comprenda frontiere più sicure, più solidarietà tra Stati membri e una politica europea di rimpatri migliori”, ha sottolineato Nicole De Moor, segretario di Stato belga per l’Asilo e la Migrazione.

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“Ben venga che la presidenza svedese si focalizzi sui rimpatri”

“Per la Germania l’accoglienza umanitaria dei rifugiati è molto importante. Ci devono essere vie legali di fuga dalle rotte pericolose per la vita attraverso il Mediterraneo“, è invece il pensiero di Nancy Faeser, la ministra degli interni tedesca. Secondo la ministra danese Kaare Dybvad Ben, poi, la chiave è “fare pressione su quei Paesi che non riprendono i loro cittadini. Sia che siano rifugiati espulsi o persone che non hanno diritto”, a entrare nei confini Ue. “Penso che ci sia l’interesse di molti Paesi a rendere più solida questa frontiera esterna e che sia necessario anche il sostegno della Commissione sotto vari aspetti”, ha infine dichiarato Gerhard Karner, ministro austriaco.

E’ chiaro quindi che all’interno dell’Ue le posizioni siano differenti, ma allo stesso tempo è anche palese quale strada voglia prendere la presidenza svedese. Ovvero arrivare a un patto sulla migrazione prima della fine del mandato, quindi entro fine giugno. “L’anno scorso abbiamo avuto circa 300mila arrivi irregolari, ma quasi un milione di domande di asilo. Significa che abbiamo tre volte più domande di asilo rispetto agli arrivi. Quindi ben venga che la presidenza svedese si focalizzerà ora sui rimpatri”, ha spiegato la commissaria europea agli Affari interni Ylva Johansson. Nel caso in cui non si dovesse arrivare a un accordo entro ala scadenza imposta, la Spagna si impegnerà a raccogliere il testimone e chiudere i lavori entro il 2024.

“Lavoriamo in modo coordinato con la presidenza di turno svedese in modo da raggiungere prima della fine della legislatura un accordo sul patto sulla migrazione”, ha infatti fatto sapere Ferdinando Grande Marlaska Gomez, ministro dell’Interno spagnolo.

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