Il portavoce della Commissione Ue: la schedatura violerebbe le regole comunitarie. il Viminale: "Non è vero"
Bruxelles – 27 giugno 2008 – La Commissione europea non commenta quelle che al momento sono solo "dichiarazioni" sulle impronte digitali per i rom, ma rileva che questa procedura non sarebbe possibile secondo le regole Ue. È quanto ha affermato oggi Pietro Petrucci, portavoce del Commissario europeo alla giustizia Jacques Barrot.
Rispondendo alle domande dei giornalisti sulla proposta avanzata dal ministro dell’interno Roberto Maroni di prendere le impronte digitali dei rom inclusi i bambini, il portavoce della Commissione Ue ha inizialmente replicato che siamo ancora alla fase delle "dichiarazioni e controdichiarazioni di attori della scena politica italiana".
"Abbiamo visto la dichiarazione del Consiglio d’Europa e la Commissione come le altre istituzioni europee è legata ai diritti fondamentali e alla lotta contro le discriminazioni". Il portavoce però ha precisato di non voler commentare prima dell’adozione da parte delle autorità italiane di un testo legislativo e di una sua eventuale notifica alla Commissione Ue.
Ai giornalisti che insistevano per avere una posizione della Commissione Ue su questo argomento, al di la’ della questione italiana, il portavoce ha replicato in un primo momento che una simile evenienza "non si e’ ancora verificata". A chi ha quindi chiesto se in base alle regole Ue questa ipotesi sia possibile, il portavoce ha replicato: "La risposta è no. Pensavo fosse chiaro implicitamente".
Il Viminale: in linea con l’Ue
La reazione del Viminale non si è fatta attendere.
"A seguito delle dichiarazioni del portavoce del Commissario europeo alla giustizia Jacques Barrot, Pietro Petrucci, – si legge in una nota diffuda oggi pomeriggio – il Ministero dell’Interno precisa che la decisione di eseguire rilievi fotodattiloscopici con modalità informatiche nei riguardi di cittadini stranieri, è stata presa anche sulla base del regolamento del Consiglio dell’Unione Europea, n. 380 del 18 aprile 2008, che prevede l’obbligo di rilevare le impronte digitali ai cittadini dei paesi terzi (per i permessi di soggiorno) a partire dall’età di sei anni".
Fatto sta che molti rom che vivono nei campi hanno cittadinanza romena, e quindi non sono cittadini di "paesi terzi". Un’obiezione alla quale ha risposto lo stesso Maroni: "Come si fa a sapere nei campi nomadi chi è italiano, chi romeno e chi extracomunitario? Solo dopo che si dà un’identità a queste persone si può capire da dove vengono, prima ci vorrebbe un mago…"