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Insulti contro Boateng? “Meschini, non razzisti”, perciò le assoluzioni

"I tifosi volevano contesare, non discriminare". Le motivazioni della sentenza del tribunale di Milano

 
Milano – 8 luglio 2015 – Furono “meschini”, ma non “razzisti”. Ecco perché tutti i tifosi della Pro Patria processati per gli insulti a Kevin Prince Boateng durante un’amichevole col Milan sono stati assolti dalla Corte d’Appello di Milano dall’accusa di ingiuria aggravata da motivi razziali. 
 
Sono state pubblicate solo ora le motivazioni della sentenza pronunciata il 28 maggio scorso. Fece scalpore, perché ribaltava la sentenza di primo grado, che aveva condannato i sei tifosi, e perché a causa di quei buu e versi scimmieschi il 3 gennaio 2013 Boateng e i suoi compagni abbandonarono il campo e si aprì per l’ennesima volta un grande dibattito sulla piaga del razzismo negli stadi.
 
"l ripetersi dei fischi, dei vocalizzi e degli ululati – scrivono però i giudici – non è univocamente configurabile come una serie di manifestazioni aggressive e violente per motivi razziali. Appare più che altro indice di una bassa e meschina modalità di contestazione del calciatore avversario".
 
"Non pare – si legge ancora nelle motivazioni – che si sia trattato di gesti o forme espressive di generalizzate discriminazioni, ma di vocalizzi diretti nei confronti del giocatore avversario contestato non per il colore della pelle ma perché reo talvolta di comportamenti di gioco scorretti". In quel modo i tifosi volevano "provocare la persona per infastidirla e innervosirla".
 
A sostegno della loro tesi i giudici sottolineano che un altro giocatore nero, Emanuelson, non fu insultato. E invece altre vittime furono Bonera,  Flamini ed El Shaarawy, che hanno la pelle chiara. Inoltre, a far infuriare Boateng, sarebbero stati soprattutto cori che non riguardavano affatto la sua origine, ma la sua compagna Melissa Satta. 
 
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