Roma, 11 giugno 2025 – L’UNHCR ha pubblicato il rapporto “Integration Between Challenges and Opportunities – A study on socio-economic conditions of refugees in Italy”, realizzato in collaborazione con Lattanzio KIBS e FIERI, che restituisce un quadro preoccupante sulle condizioni di vita dei rifugiati in Italia. Questo è il primo studio quantitativo che fotografa la realtà dei beneficiari di protezione internazionale e temporanea, integrando anche dati forniti dall’ISTAT.
Il documento rivela che una larga percentuale dei rifugiati intervistati vive in condizioni di povertà: il 43,5% si trova in povertà assoluta, mentre il 67% vive sotto la soglia di povertà relativa. Inoltre, il 26% è in uno stato di grave deprivazione materiale e sociale (SMSD). Questi dati risultano significativamente più alti rispetto alla popolazione italiana e agli altri immigrati.
Un nodo cruciale è l’occupazione, che rappresenta ancora un ostacolo alla stabilità economica. Nonostante l’84% degli intervistati abbia svolto almeno un lavoro retribuito, solo il 21% ha un impiego stabile e a tempo pieno. La conoscenza della lingua italiana è un altro limite: il 53% dei rifugiati intervistati ha una competenza medio-bassa, percentuale che sale al 62% per chi risiede in Italia da 2 a 5 anni.
L’alloggio costituisce un’ulteriore area di difficoltà: oltre un quarto degli intervistati ha avuto problemi abitativi nell’ultimo anno, ricorrendo spesso a soluzioni di fortuna o addirittura sperimentando l’homelessness. La carenza di capitale sociale e l’accesso limitato al welfare pubblico aggravano la situazione. Infatti, il 73% dei rifugiati non ha mai avuto accesso a misure di sostegno, e la maggior parte degli intervistati ha meno di tre persone su cui contare in caso di bisogno.
Il rapporto segnala anche barriere per l’accesso al sostegno pubblico, soprattutto per le persone con disabilità e gli anziani. La mancanza di informazioni chiare e la frammentarietà delle procedure ostacolano l’orientamento dei rifugiati, specialmente nei settori della sanità e della protezione sociale.
Un dato particolarmente allarmante riguarda le discriminazioni: il 45% degli intervistati ha dichiarato di averle subite, ma solo il 17% ha sporto denuncia.
Il mancato sostegno all’integrazione non solo penalizza i rifugiati, ma rischia di compromettere la coesione sociale. Eppure, se adeguatamente supportati, i rifugiati possono rappresentare una risorsa per l’economia, contribuendo a colmare i disallineamenti del mercato del lavoro e rispondendo a esigenze spesso non soddisfatte dal settore privato.
Il rapporto sottolinea l’importanza di rafforzare i programmi di integrazione, di valorizzare le collaborazioni con il settore privato, le organizzazioni della società civile, le università e il volontariato, e di favorire la partecipazione attiva dei rifugiati stessi nei processi decisionali.
Tra le raccomandazioni finali dell’UNHCR figurano interventi prioritari su: lingua italiana, housing, inclusione lavorativa e sviluppo professionale, coesione sociale, accesso alla protezione sociale, inclusione finanziaria e capacity building istituzionale.
Il rapporto si configura quindi come uno strumento fondamentale per orientare le politiche nazionali e locali a favore dell’integrazione dei rifugiati, un impegno indispensabile per garantire pari opportunità e costruire una società più inclusiva.