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Intervista. Souad Sbai, una marocchina in Parlamento

“Mi batterò per l’integrazione e per difendere tutte le donne”

Souad Sbai, direttrice del mensile in lingua araba al-Maghrebiya e presidente dell’associazione delle Donne marocchine in Italia (Acmid-Donna), correrà tra le file del Popolo delle libertà alle prossime elezioni politiche. Candidata in Puglia, con un posto in lista abbastanza alto da garantirle un’elezione quasi sicura, vuole battersi in Parlamento per favorire l’integrazione e difendere i diritti di tutte le donne, tanto delle italiane quanto delle straniere che vivono nel nostro Paese.
“L’accoglienza e l’affetto che oggi mi sono stati dimostrati in Puglia confermano che questa è diventata a tutti gli effetti la mia terra di adozione. Le donne che ho incontrato mi sono sembrate aperte e collaborative, con un grande voglia di fare, pronte al dialogo interculturale e interreligioso. E’ a loro che mi rivolgo” dice.

Lei è una delle pochissime candidate immigrate.
Vivo in Italia da quasi trent’anni. Mi dispiace moltissimo che i candidati stranieri in lista siano così pochi e mi colpisce ancor di più il fatto che il Pd non abbia presentato neanche un immigrato tre le sue liste, nonostante si dichiari così vicino al problema dell’immigrazione.

Parliamo della sua attività di presidente dell’Acmid, l’associazione delle donne marocchine in Italia.
Si tratta di un punto di incontro e di confronto culturale importante per tutte le donne italiane e straniere. La nostra battaglia più importante tuttavia è il call center “Mai più sola”. Le donne che subiscono maltrattamenti e violenze dentro e fuori le mura domestiche possono contattare il numero verde 800.911.753 e ricevere assistenza in arabo, francese e in italiano. Una volta in contatto con l’associazione, queste donne vengono ascoltate, incoraggiate e seguite personalmente dal nostro staff composto da mediatrici linguistiche. A partire da gennaio 2008 sono state quasi 800 le denunce ricevute, soprattutto da parte di donne che risiedono al Centro Nord. Il mio appello va alle italiane e alle straniere che risiedono al Sud, affinché trovino finalmente il coraggio di chiamarci.

Qual è il suo programma per l’integrazione?
L’integrazione sociale passa prioritariamente per la lingua e la cultura italiana. La mia proposta è quella di un vero e proprio Piano Marshall per l’educazione, basato sull’insegnamento della lingua italiana. È necessario inoltre diffondere i diritti e i doveri degli immigrati, le informazioni elementari sul funzionamento della società italiana, la Costituzione e i valori che la fondano. Tutto questo nel rispetto delle tradizioni d’origine. I corsi, anche serali possono essere gestiti direttamente dagli enti locali e dal volontariato, ma non dalle moschee. Sarebbe più consono per uno Stato laico organizzare questo tipo di progetti al di fuori dei luoghi di culto, in modo che tutti possano partecipare, al di là della religione e dell’etnia di origine. Diamo alle donne straniere un’istruzione obbligatoria, dei corsi di alfabetizzazione e delle leggi che le tutelino, rendiamole veramente libere di scegliere il loro futuro, libere di far valere i loro diritti e in grado di adempiere ai propri doveri”.

Qual è la sua posizione sul velo?
E’ necessario affrontare la situazione delle “velate” nel nostro Paese, donne che restano prigioniere di una giustizia casalinga, fatta di mariti con visioni più restrittive che nei paesi d’origine dove il diritto di famiglia – vedi il Marocco – è migliorato. La Moudawana innovata tuttavia non sembra essere ancora giunta tra le famiglie marocchine residenti in Italia. La posizione del precedente governo di centro sinistra su questo tema non è precisa né definitiva. A mio avviso il velo invece è un chiaro simbolo di sottomissione per alcune donne. L’Italia prenda esempio dalla Francia, ma anche dalla Tunisia, due nazioni che vietano di portare il velo a scuola o negli edifici pubblici. Quel simbolo spesso viene imposto e rappresenta un cavallo di Troia per passare al burqa”.

Un altro tema fondamentale è quello del permesso di soggiorno.
La questione del permesso di soggiorno è cruciale soprattutto per la seconda generazione che è arrivata in Italia in giovanissima età e che è cresciuta in questo Paese. Molte ragazze ne hanno bisogno per far valere un diritto fondamentale, ossia quello all’istruzione, che permetterà loro di essere cittadine a tutti gli effetti. Se sprovviste di permesso di soggiorno, infatti, non sono abilitate a sostenere l’esame di terza media, nè quello di maturità. E’ assurdo che non abbiano questa opportunità. Inoltre le donne immigrate non devono essere legate al permesso di soggiorno dei loro mariti. Da questo punto di vista la loro permanenza in Italia deve essere valutata separatamente da quella del coniuge, per non rischiare di essere rimpatriate insieme a lui o per non dipendere da ogni punto di vista dal marito.

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