Giro di vite nei confronti degli organizzatori dei viaggi della speranza in container
Roma, 26 maggio 2012 – La Cassazione opera un giro di vite nei confronti degli organizzatori dei viaggi della speranza in container. E, con una sentenza della Quarta sezione penale, spiega che risponde di omicidio colposo chi organizza i viaggi della disperazione finiti male. Poco importa il preventivo "consenso" del clandestino.
In questo modo, la Quarta sezione penale ha convalidato una condanna a due anni di reclusione per omicidio colposo nei confronti di Daniel B., un romeno 36enne che al porto di Livorno organizzava, dietro compenso, viaggi nei container per clandestini. Secondo la Suprema Corte, "correttamente e' stata esclusa ogni valenza al consenso delle vittime a quelle peculiari e pericolose modalita' di emigrazione, cioe' al loro confinamento nei container, e quindi ad affrontare il pericolo, in modo da sfuggire al controllo".
I fatti analizzati da piazza Cavour si riferiscono al 13 dicembre 2001 quando nel porto di Montreal, in Canada, furono trovati due cadaveri, in avanzato stato di decomposizione, all'interno di un container traportato da una nave proveniente da Livorno da dove era partita tredici giorni prima.
Le indagini, come ricostruisce la sentenza 20245, fecero ritenere che i clandestini, di origine rumena, erano stati chiusi nel container a Livorno, la sera prima del loro ritrovamento da Daniel B.. Dunque, secondo la Suprema Corte, che ha fatto sue le motivazioni della Corte d'appello di Firenze, nell'aprile 2009, "asfissia o inalazione venefica o a freddo non sarebbero state mortali se le persone avessero avuto la posibilita' di tornare all'aria, o di andare piu' al caldo o, comunque, di chiedere soccorso".
Ecco perche' "e' conforme alla piu' elementare logica la prevedibilita' dell'evento dannoso che ne segui', sicche' la colpa dell'imputato, che peraltro si esplico' anche nella fase induttiva a quel tipo di emigrazione clandestina oltre che in quella esecutiva, fu davvero enorme tanto da rasentare la colpa cosciente che, comunque, e' stata esclusa e si pose come causa diretta delle morti". Da qui l'inammissibilita' del ricorso presentato dalla difesa di Daniel D. che inizialmente venne processato per omicidio volontario.