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La favola di Samlan, re migrante lavapiatti

Si guadagna da vivere nella cucina di un ristorante tedesco, ma è il capo di una tribù del Togo. “L’importante è fare un lavoro onesto”

Roma – 13 ottobre 2013 – Sua altezza reale lava piatti, pentole, stoviglie e bicchieri. E non si tira indietro se c’è da spazzare e passare lo straccio in cucina.

Succede perchè Jules Kangni Kossigan Samlan Kpehenon II è un regnante part-time, in esilio, tutt’altro che dorato, in Germania. Capo della tribù dei Mina-Ewe, 40mila persone che vivono in Togo, è stato costretto a lasciare il suo Paese negli anni novanta insieme a tutta la famiglia reale e oggi lavora in un ristorante di Herrmannsdorf, nel sudovest della Germania.

Il re riesce però ancora a governare la sua tribù via telefono. Tre volte la settimana sente i suoi collaboratori rimasti in patria, si fa esporre problemi e controversie dei suoi sudditi e dà disposizioni e soluzioni. Intanto, continua a indossare il suo sontuoso abito regale e si diletta a suonare il tamburo, passione che si è portato dietro dall’Africa.

Per un uomo del suo lignaggio non è indegno lavorare in cucina? “Credo che sia un modo onesto per vivere. E questo è un bene ovunque. Non conta quanto è umile il lavoro, chi guadagna onestamente – Salman ne è convinto – è considerato bene in Africa come in Europa”.

Il lavoro nobilita l’uomo. Ma forse è vero anche il contrario: re Jules Kangni Kossigan Samlan Kpehenon II ha dato una nuova dignità al mestiere del lavapiatti.

EP

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