La proposta è della deputata Silvana Comaroli Roma, 29 luglio 2010 – Un Test di italiano per gli stranieri che vogliono aprire un negozio in Italia e uno stop alle scritte multietniche sulle botteghe.
La Lega ci prova ancora e presenta una proposta di legge per fare in modo che per ottenere la licenza per aprire un esercizio commerciale, gli extracomunitari debbano dimostrare di essere in grado di parlare almeno un po’ di italiano. E’ la stessa proposta che i leghisti avevano previsto in un emendamento al decreto incentivi e dichiarata inammissibile. Adesso arriva una proposta di legge a firma della stessa leghista che aveva presentato l’emendamento, Silvana Comaroli.
"La presenza di comunità multietniche – spiega la deputata del Carroccio – che vivono e lavorano abitualmente nei nostri territori, ha subito negli anni un incremento tale da far emergere la necessita’ di adottare nuovi strumenti per favorire una piu’ solida e duratura coesistenza tra le diverse culture e tradizioni".
"La proposta di legge in esame – prosegue la Comaroli – proprio per tutelare la salute dei consumatori e assicurare un livello minimo e uniforme di condizioni e di accessibilita’ ai beni e servizi sul territorio nazionale, istituisce l’obbligo di un esame di base di lingua italiana per i cittadini stranieri che vogliono aprire un’attivita’ commerciale in Italia, prevedendo anche che la posa delle insegne esterne all’esercizio stesso sia condizionata all’uso di una delle lingue ufficiali dei Paesi appartenenti all’Unione europea ovvero al dialetto locale".
"Il gestore di un negozio aperto al pubblico deve essere capace di leggere e capire l’italiano per poter applicare, ad esempio, le norme igienico-sanitarie di base oppure per poter prestare una minima assistenza ai propri clienti. Questa esigenza e’ ancora piu’ sentita laddove gli esercizi commerciali somministrino al pubblico alimenti e bevande. In questo settore, infatti – conclude la deputata della Lega -, la corretta conoscenza dell’italiano si rende ancora piu’ necessaria anche per tutelare quei consumatori che, soffrendo di particolari patologie, potrebbero inconsapevolmente consumare prodotti".