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Liberalizzazioni in salsa leghista, quando il kebab deve chiedere permesso

Le città (e le tradizioni) sono dei sindaci o di chi ci vive? L’hanno chiamata Legge Harlem, ma autorizzazioni, distanze minime e merci vietate avrebbero avuto poca fortuna sotto la Statua della Libertà

 

Roma – 16 febbraio 2012 – Ad Adro la mozzarella di bufala la troverete solo sul mercato nero. Troppo campana per essere venduta alla luce del sole quando è il sole delle Alpi a illuminare il paese. Per mangiare un Big Mac dovrete guidare fino a Chiasso. Il kebab dimenticatevelo, è robaccia da extracomunitari.

Non chiamateli paradossi mentre si dà forza di legge all’ennesimo spottone leghista che permetterà ai sindaci di bloccare l’apertura di attività “non tradizionali”.

I promotori l’hanno ribattezzata legge Harlem pontificando sui ghetti da qualificare, ma la distanza tra il Pirellone e la Statua della Libertà è sempre più intercontinentale. Poveri sindaci di New York. Ragionando da camicia verde, l’Italoamericano Rudolph Giuliani avrebbe dovuto riempire la Fifth Avenue di pizzerie, poi l’ebreo di origini russe Michel Bloomberg le avrebbe chiuse per fare spazio ai ristoranti kosher.

Perché la domanda vera è a quale tradizione si guarderà per tutelare i centri storici dei comuni lombardi. Sarà la tradizione dei sindaci padani o quella dei cittadini? Bisogna insomma capire se Adro è di Oscar Lancini o di chi ci vive, indipendentemente dal luogo in cui è nato, e se comunità multiculturali devono o no esprimersi in città multiculturali anche per insegne, vetrine, offerte commerciali.

Autorizzazioni dei borgomastri, distanze minime tra negozi, merci vietate. Eccole le liberalizzazioni dei leghisti e dei pidiellini lombardi, destinate con ogni probabilità a infrangersi sotto il martello della Corte Costituzionale. Non prima di aver impegnato centinaia di Comuni ad architettare regolamenti tanto razzisti quanto bizantini.

Questo mentre il resto d’Italia prova a crescere e mentre anche a Milano, lo ha detto ieri la Camera di Commercio, l’artigianato è ancora vivo grazie alle imprese degli immigrati. Barbari invasori, distruttori delle nostre tradizioni, che intanto ci salvano tutti, sempre che il signor sindaco dia loro il permesso.

Elvio Pasca

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