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L’immigrazione come risorsa: perché abolire i click-days

Roma, 13 febbraio 2025 – Secondo il sociologo Maurizio Ambrosini, docente all’Università di Milano e uno dei maggiori esperti italiani di migrazioni, i lavoratori immigrati sono indispensabili per l’economia italiana ed europea. Nonostante le politiche di chiusura e le retoriche sulla difesa dei confini, il governo italiano ha previsto 452.000 ingressi di lavoratori stranieri in tre anni, ai quali si aggiungono altri 10.000 per il settore domestico e assistenziale. Questo crea, secondo Ambrosini, una contraddizione tra il discorso pubblico improntato alla restrizione e la necessità concreta di manodopera straniera.

Un sistema obsoleto e inefficace

In un editoriale scritto per Avvenire, Ambrosini evidenzia come il sistema attuale di reclutamento di lavoratori immigrati in Italia sia regolato dalla legge Bossi-Fini, in vigore da oltre vent’anni e mai realmente efficace. Il meccanismo dei click-days, unico in Europa, è un esempio di procedura disfunzionale: i permessi vengono concessi in base alla velocità con cui le domande vengono presentate online, favorendo chi dispone di una connessione migliore o semplicemente chi ha più fortuna nel cliccare per primo. Questo sistema, sottolinea Ambrosini, non garantisce né una selezione basata sulle competenze né un’efficace risposta alle esigenze del mercato del lavoro.

Oltre all’inefficienza tecnica, il sistema è afflitto da lungaggini burocratiche e da criteri che spesso rispondono più a logiche securitarie che a esigenze economiche. Ambrosini spiega come le priorità sui Paesi di origine vengano stabilite più in base alla collaborazione sui rimpatri che sulla disponibilità di lavoratori qualificati, portando a blocchi di mesi per le pratiche di assunzione in nazioni come Bangladesh, Pakistan e Sri Lanka. Il risultato è evidente: nel 2024, solo il 7,8% delle quote di ingresso si è tradotto in effettive assunzioni e permessi di soggiorno, un calo rispetto al già modesto 15% del 2023.

Le conseguenze per il mercato del lavoro

Secondo Ambrosini, la rigidità e la lentezza del sistema hanno effetti devastanti su settori chiave come l’agricoltura, il turismo e l’edilizia, che dipendono fortemente dal lavoro stagionale degli immigrati. La mancanza di una gestione efficace degli ingressi porta a ritardi, inefficienza e, in alcuni casi, all’uso distorto del sistema da parte di finti imprenditori che generano contratti fittizi. Il governo ha cercato di contrastare questi fenomeni con nuove verifiche, ma il risultato è stato un ulteriore rallentamento delle pratiche.

Verso una riforma necessaria

Ambrosini propone di adottare un approccio più razionale e funzionale, in linea con quanto già avviene in altri Paesi europei. La priorità dovrebbe essere l’abolizione dei click-days e l’introduzione di un sistema basato sulle reali necessità del mercato del lavoro. Inoltre, occorre stilare una lista delle occupazioni in sofferenza, permettendo ai datori di lavoro di assumere direttamente all’estero se non si trovano candidati sul territorio nazionale entro un tempo ragionevole. Sarebbe inoltre opportuno ripristinare il sistema dello sponsor, coinvolgendo attori sociali e istituzioni per facilitare l’inserimento lavorativo e sociale dei nuovi arrivati. Un ulteriore passo potrebbe essere l’introduzione di un contributo a carico dei datori di lavoro per finanziare servizi di integrazione nei territori di destinazione.

Il sociologo conclude affermando che queste riforme garantirebbero un sistema più equo ed efficiente, basato su logiche di domanda e offerta piuttosto che su criteri aleatori e burocratici. L’immigrazione, secondo il sociologo, non è una minaccia, ma una risorsa da gestire con pragmatismo, mettendo da parte ideologie e pregiudizi per affrontare il tema con soluzioni concrete e sostenibili.

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