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Lo studio. I lavoratori stranieri determinanti per lo sviluppo del Pil, da loro quasi il 10% di quello italiano

Roma, 9 ottobre 2019 – Dalla ricchezza prodotta e dall’apporto al Prodotto interno lordo nazionale, fino al contributo per le sorti future del sistema pensionistico e al valore aggiunto offerto nelle differenti tipologie professionali.

A fotografare come gli “stranieri residenti oggi in Italia rappresentino una forza vitale per il nostro Paese” è la fondazione Leone Moressa, nel suo rapporto annuale sull’economia dell’immigrazione.

Nel 2018 i lavoratori stranieri in Italia sono stati 2,5 milioni, pari al 10,6% degli occupati totali. La ricchezza da loro prodotta è stata stimata in 139 miliardi di euro, pari al 9% del Pil. Questo è il dato emerso dall’analisi dello stesso rapporto, dove si sottolinea come gli occupati stranieri si concentrino però soprattutto nelle professioni non qualificate (33,3%), solo il 7,6% in quelle qualificate. Il restante 60% si divide quasi equamente tra operai, artigiani-commercianti e impiegati.

Nonostante la popolazione italiana stia diminuendo, a causa della bassa natalità, con il saldo tra nati e morti negativo da oltre 25 anni, l’Italia ha però chiuso le porte da circa un decennio agli immigrati regolari. Allo stesso tempo è tornata terra d’emigrazione, con quasi 250mila giovani persi negli ultimi dieci anni: una fuga che ci è costata 16 miliardi di euro. Un gap che potrebbe essere colmato con l’apporto dei lavoratori stranieri regolari. Anche perché allo stesso tempo aumentano gli anziani: l’Istat prevede che nel 2038 gli over 65 saranno un terzo della popolazione.

“Ciò determinerà squilibri sociali, economici e finanziari, dato che proporzionalmente diminuiscono i lavoratori e aumentano i pensionati”, si spiega nel rapporto.

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