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Magdi Cristiano, quel ponte che non c’è più

Chi verrà dopo di noi leggerà nei libri di storia di un piccolo uomo musulmano che entrò nel Cristianesimo il giorno di Pasqua, per mano diretta del Papa, usando le parole di fuoco di chi ha scoperto “il vero e unico Dio della Fede e della Ragione”; leggerà che sull’altare del battesimo quell’uomo abiurò un altro dio, il dio che innaffia “la radice del male insita in un islam che è fisiologicamente violento e intrinsecamente conflittuale”.

”Per me è il giorno più bello della vita” – dice Magdi Allam – nel mio piccolo è un fatto storico, eccezionale e indimenticabile”. Ma nulla è stato trascurato per rendere quel “mio piccolo” grandissimo e universale; per trasformare quel fatto così personale in un fatto-chiave della Storia del nostro tempo. Persino il nome cambiato: Magdi Cristiano Allam, come Cassius Clay che diventò Mohammed Alì, come tutti coloro che vogliono dare alla propria conversione il marchio di un’epoca che cambia.

Gli accenti di sincerità di Allam sono intensi, a tratti commoventi. Ci restituiscono la grandezza della cultura cattolica, tanto spesso dimenticata o sepolta dal conformismo. Al di fuori del recinto di polemiche che la rimpiccioliscono, la religione di Allam, la “nostra” religione, è quella della “vita, della verità e della libertà”; è la religione in cui il rispetto dell’altro, “sempre e comunque persona”, fa da perno a tutta l’esistenza.

Ma se usciamo dal percorso personale, che né Magdi Allam né il Pontefice hanno voluto che restasse intimo e privato, è come se il messaggio della “conversione in diretta tv” lasciasse un immenso spazio vuoto e desolato: è lo spazio dell’incontro e della fusione tra le storie più vive dei popoli, il contatto fertile fra le grandi religioni monoteiste che Papa Woityla inseguì fino all’ultimo istante della sua vita. E’ un ponte che si spezza, come quello di Mostar che nella guerra di Bosnia collegava i cattolici ai musulmani e ne rappresentava la felice convivenza, e proprio per questo fu bombardato.

Un ponte che si spezza, ma anche qualcosa di più. L’idea insita nella conversione-spettacolo è che il dilemma dell’uomo del ventunesimo secolo sia di scegliere il suo Credo, oscillando fra i diversi linguaggi del Divino, errando nella tenebra fino all’incontro con la Luce. In realtà l’uomo del nostro tempo ha raramente il dono della certezza assoluta. E’ un viaggiatore smarrito, che naviga – o più spesso galleggia – nel dubbio e nella paura. Con il Magdi Cristiano Allam battezzato da Papa Benedetto XVI ha vinto la Fede, una fede forte come un albero millenario, vigorosa come la voce del Padre. Ma tanti figli di quello stesso Padre hanno una fede molto più fragile e minuscola, e hanno bisogno di una mano tesa e non di una pagella severa. Per loro non ci sono solo il grande buio e la mirabolante luce. C’è il chiaroscuro di un cammino accidentato e tutto in salita. Magari sono figli della Roma cristiana che non sanno più afferrare il senso etico della vita e la forza di credere nel futuro. Oppure sono figli di altre terre che hanno nel cuore la Palestina perduta, il deserto del Marocco o i limoni del Libano; non necessariamente sudditi della Sharìa, feroce legge umana voluta dall’uomo per sottomettere l’uomo.

Magdi Allam e Joseph Ratzinger sono due grandi protagonisti della nostra epoca; nei loro diversissimi ruoli sono il segno di un Occidente che crede di nuovo in se stesso. Il giorno di Pasqua hanno celebrato la loro fede e la loro felicità. Ma oltre quel rito c’è sempre un ponte che va ricostruito, c’è la casa cristiana dove accogliere l’umanità incerta e pericolante che vive cercando il Dio che non ha.

Sergio Talamo 

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