Alla Camera, via anche all’esame del decreto legislativo sul riconoscimento dello status di rifugiato
Roma – 12 giugno 2008 – “Ogni anno su 100 domande di protezione presentate, non più di otto, nove vengono accolte sull’intero territorio nazionale, mentre le altre vengono giudicate prive di fondatezza, il che dimostra che non è immotivata la preoccupazione che si tenti di ricorrere allo strumento di richiesta di protezione internazionale per aggirare i limiti all’immigrazione stabiliti dalla legge italiana”.
È quanto afferma il sottosegretario al ministero dell’Interno Alfredo Mantovano intervenendo in commissione Affari Costituzionali della Camera dove ha preso il via l’esame del decreto legislativo sul riconoscimento dello status di rifugiato: uno dei cinque che forma il ‘pacchetto sicurezza’ del governo.
Il provvedimento, che ha come relatore il vicepresidente della commissione Jole Santelli, punta ad impedire che la domanda di asilo venga usata come mezzo per restare in Italia “senza essere in possesso dei requisiti”. Così dispone che i componenti delle ‘Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale’ chiamate a decidere sulla sorte degli stranieri vengano nominati direttamente dal ministro dell’Interno (ora il compito tocca al presidente del Consiglio su proposta del ministro) con una procedura d’urgenza; e che il prefetto individui "un luogo di residenza o un’area geografica" in cui, chi chieda asilo politico all’Italia, possa circolare in attesa di una risposta.
Lo straniero che inoltra la richiesta dovrà poi comparire personalmente davanti alle Commissioni territoriali e consegnare tutti i documenti necessari. Dopodiché, se chiede asilo dopo essere stato raggiunto da un decreto di espulsione, dovrà essere trattenuto nei Centri di identificazione ed espulsione (ex Cpt) fino a quando non otterrà un ‘sì’ o un ‘no’ dalla Comissione competente.
Il decreto, che fa parte del pacchetto sicurezza del governo, stabilisce anche che lo straniero a cui venga rifiutato l’asilo politico lasci subito l’Italia. La possibilità di impugnare il ‘no’ della commissione non sospenderà più, infatti, i termini dell’espulsione e il ricorso dovrà essere presentato entro 15 giorni. Il prefetto potrà autorizzare lo straniero a restare comunque nel territorio italiano in attesa dell’esito dell’impugnazione solo se esistono "gravi motivi personali o di salute nonché vi sia l’interesse a rimanere sul territorio nazionale" e se non c’é il pericolo che l’interessato si sottragga al decreto di espulsione.
Se il prefetto accetta di farlo restare in Italia, il permesso di soggiorno concesso non potrà durare più di 60 giorni “rinnovabile solo per il tempo necessario” e sempre che restino le condizioni che lo hanno determinato. Quindi dovrà rimanere nei Centri di accoglienza. Roma – 12 giugno 2008 – “Ogni anno su 100 domande di protezione presentate, non più di otto, nove vengono accolte sull’intero territorio nazionale, mentre le altre vengono giudicate prive di fondatezza, il che dimostra che non è immotivata la preoccupazione che si tenti di ricorrere allo strumento di richiesta di protezione internazionale per aggirare i limiti all’immigrazione stabiliti dalla legge italiana”.
È quanto afferma il sottosegretario al ministero dell’Interno Alfredo Mantovano intervenendo in commissione Affari Costituzionali della Camera dove ha preso il via l’esame del decreto legislativo sul riconoscimento dello status di rifugiato: uno dei cinque che forma il ‘pacchetto sicurezza’ del governo.
Il provvedimento, che ha come relatore il vicepresidente della commissione Jole Santelli, punta ad impedire che la domanda di asilo venga usata come mezzo per restare in Italia “senza essere in possesso dei requisiti”. Così dispone che i componenti delle ‘Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale’ chiamate a decidere sulla sorte degli stranieri vengano nominati direttamente dal ministro dell’Interno (ora il compito tocca al presidente del Consiglio su proposta del ministro) con una procedura d’urgenza; e che il prefetto individui "un luogo di residenza o un’area geografica" in cui, chi chieda asilo politico all’Italia, possa circolare in attesa di una risposta.
Lo straniero che inoltra la richiesta dovrà poi comparire personalmente davanti alle Commissioni territoriali e consegnare tutti i documenti necessari. Dopodiché, se chiede asilo dopo essere stato raggiunto da un decreto di espulsione, dovrà essere trattenuto nei Centri di identificazione ed espulsione (ex Cpt) fino a quando non otterrà un ‘sì’ o un ‘no’ dalla Comissione competente.
Il decreto, che fa parte del pacchetto sicurezza del governo, stabilisce anche che lo straniero a cui venga rifiutato l’asilo politico lasci subito l’Italia. La possibilità di impugnare il ‘no’ della commissione non sospenderà più, infatti, i termini dell’espulsione e il ricorso dovrà essere presentato entro 15 giorni. Il prefetto potrà autorizzare lo straniero a restare comunque nel territorio italiano in attesa dell’esito dell’impugnazione solo se esistono "gravi motivi personali o di salute nonché vi sia l’interesse a rimanere sul territorio nazionale" e se non c’é il pericolo che l’interessato si sottragga al decreto di espulsione.
Se il prefetto accetta di farlo restare in Italia, il permesso di soggiorno concesso non potrà durare più di 60 giorni “rinnovabile solo per il tempo necessario” e sempre che restino le condizioni che lo hanno determinato. Quindi dovrà rimanere nei Centri di accoglienza.
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