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Maroni: “Espulsioni in 48 ore senza ok dei giudici”

Il ministro dell’Interno vuole introdurre il meccanismo del silenzio-assenso. L’espulsione diventerà immediatamente operativa ROMA, 21 luglio 2008 – Se il magistrato non da’ entro 48 ore l’ok alla richiesta di espulsione fatta dalle forze di polizia, scatta il silenzio-assenso, cioe’ l’espulsione diventa immediatamente operativa.

Il principio, annuncia il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, sara’ introdotto nel disegno di legge sulla sicurezza in discussione al Senato. Critica l’Anm, secondo cui se le espulsioni non funzionano è colpa del ministero dell’Interno che non è in grado di attuare l’accompagnamento alla frontiera.

Spunto della polemica, la vicenda del moldavo, destinatario di provvedimento di espulsione – non eseguito perche’ la moglie era incinta – che nei giorni scorsi a Roma ha travolto un’auto uccidendo un ragazzo di 20 anni.

Nel mirino di Maroni, in un’intervista a ‘Libero’, ”i giudici che decidono di non decidere. Nel caso del moldavo clandestinamente in Italia, il magistrato, anzichè applicare la Bossi-Fini, ha preferito rinviare a settembre la decisione sul decreto di espulsione”. Per superare queste situazione, la proposta del ministro è quella di inserire il principio del silenzio-assenso.

”Ritengo – dice il titolare del Viminale – che il tentativo di boicottare la Bossi-Fini sia un problema aperto, visto che oltre la metà dei provvedimenti di espulsione non si concretizza per il rinvio dell’udienza di convalida”. Il magistrato, sottolinea, ”può contestare la correttezza dell’arresto, non può invece bypassare la normativa con il solito stratagemma del rinvio dell’udienza”. Dura la replica del presidente dell’Anm, Luca Palamara. Da parte dei magistrati, sostiene, ”non c’è nessun boicottaggio della Legge Bossi-Fini”. Se le espulsioni non funzionano è perchè ”l’amministrazione degli Interni non è in grado di dare attuazione all’accompagnamento alla frontiera, strumento individuato dalla legge per dare esecuzione a questi provvedimenti”. Alle espulsioni, prosegue Palamara, ”proprio in base alla legge dovrebbe provvedere l’amministrazione degli Interni, tramite l’accompagnamento. Ma la prassi consolidata è ricorrere all’intimazione del questore allo straniero a lasciare il territorio dello Stato; strumento che si rivela insufficiente allo scopo e l’inosservanza del quale determina l’intervento della magistratura”. Nessun addebito, dunque, puo’ essere mosso ai giudici.

L’impasse del sistema delle espulsioni era stato segnalato con forza nelle scorse settimane dal capo della polizia, Antonio Manganelli, in un’audizione alla Camera. Nei primi cinque mesi di quest’anno, aveva ricordato, le forze dell’ordine hanno fermato oltre 10.500 clandestini per i quali hanno ritenuto di avviare le procedure di espulsione. Ma di questi, solo 2.400 hanno trovato posto nei Cpt; gli altri 8.000 hanno di fatto ottenuto, quello che Manganelli ha definito ”perdono sul campo”: gli è stato cioè consegnato un foglio di via. Stessa cosa nel 2007: su 33.897 clandestini fermati che dovevano essere avviati ai Cpt e per i quali dovevano essere avviate le procedure di espulsione, hanno trovato posto nei Centri solo 6.366 persone: 27mila sono stati destinatari di un foglio di via, non accolto nella stragrande maggioranza dei casi.

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