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Media. L’Ordine dei giornalisti: basta con le parole “vu cumprà”, “clandestino”, “badante” e “zingaro”

Ecco le linee guida per l'applicazione della Carta di Roma, elaborate dall'Ordine dei giornalisti, Federazione nazionale della stampa e Unchr con la partecipazione dell'Unar

Roma, 18 aprile 2012 –  Basta con le parole 'politically incorrect' per definire, sui media, immigrati o rom. Niente più vu cumprà, clandestino, badante o zingaro.

A dettare il vocabolario dei termini giuridicamente appropriati – oltre che il giusto modo di affrontare sulla stampa i temi dell'immigrazione – sono le Linee guida per l'applicazione della Carta di Roma, elaborate dall'Ordine dei giornalisti, Federazione nazionale della stampa e Unchr, con la partecipazione dell'Unar, presentate in anteprima a Milano, in uno dei tre seminari dal titolo "Sgomberiamoli", organizzati da Redattore sociale e Fnsi.

Un documento che – attuando la Carta di Roma del 2008, il codice deontologico su migranti, richiedenti asilo, rifugiati e vittime della tratta – propone, dunque, gli strumenti di lavoro per un'informazione corretta su queste tematiche. A partire dalla messa al bando di informazioni sommarie e distorte e di termini stigmatizzanti, a favore di parole giuridicamente piu' appropriate che permettano di "restituire al lettore la massima aderenza alla realta' dei fatti, evitando l'uso di termini impropri".

"Diversi studi, cosi' come carte deontologiche specifiche – si legge nelle Linee Guida – hanno riportato l'attenzione sull'importanza e il peso che ha il linguaggio utilizzato nei media nella rappresentazione dei migranti". Dunque "si raccomanda di evitare l'utilizzo di termini stigmatizzanti come badante, clandestino, zingaro, vu cumpra' ecc." e "informazioni imprecise, sommarie o distorte, ad esempio l'uso delle locuzioni ''presumibilmente'' e ''forse'' associati all'appartenenza nazionale o religiosa andrebbero sempre evitate.

Quanto all'ampio spazio dedicato dai media, soprattutto quelli locali, alla cronaca, "negli ultimi anni – si legge nel documento – quello della cronaca nera e' andato via via crescendo, cosi' come il 'peso' delle notizie che vedono gli immigrati autori di reato". Da qui una serie di raccomandazioni, come quella di "assegnare lo stesso spazio e rilievo alle notizie di cronaca in cui gli autori e le vittime di reato sono di origine straniera rispetto a quelle in cui autori e vittime di reato sono autoctoni".

 E ancora: "si invitano i giornalisti a garantire l'anonimato del richiedente asilo, rifugiato, vittima della tratta, migrante coinvolto in fatti di cronaca, anche se non di rilevanza penale, che possono recare danno alla sua persona. Conoscere e rispettare le norme penali, civili ed amministrative e i vari strumenti giuridici nazionali ed internazionali sui diritti umani in materia di protezione, e' utile al dovere di cronaca e per utilizzare termini giuridicamente appropriati tra le varie categorie". Una raccomandazione particolare riguarda poi la tutela delle vittime della tratta "la cui garanzia dell'anonimato e' basilare per la riuscita del percorso di uscita dal racket dello sfruttamento e per non ostacolare gli sforzi delle associazioni e della giustizia al riguardo".

"L'uso della nazionalita' – si legge ancora nelle Linee Guida – deve essere usato con maggiore responsabilita' e consapevolezza dal giornalista rispetto a quanto avviene attualmente. Si raccomanda di non citare l'origine etnica, religiosa o la nazionalita' di migranti, richiedenti asilo o rifugiati se arrestati o colpevoli di reati nei casi in cui tale informazione non sia essenziale alla comprensione della notizia".

Fra le altre raccomandazioni, quella di 'trattare' con cautela, analizzando in maniera approfondita, i dati relativi ai temi dell'immigrazione, a partire dalle cosiddette 'statistiche sulla criminalita'': illustrazioni poco rigorose – ammoinisce il documento – sono pericolose e dannose quando inducono il pubblico ad una lettura semplicistica e propagandistica. Il monito e' "non scadere nel sensazionalismo e indurre cosi' 'sentimenti di terrore, paura o caos nell'opinione pubblica', cosi' come anche suggerito dal Consiglio d'Europa". "Notizie su terrorismo, fondamentalismo religioso, crimini e devianza, e migrazioni meritano un'attenzione particolare e un livello maggiore di attenzione sulle conseguenze che sul territorio possono avere sulla convivenza pacifica e democratica".

"Nelle generalizzazioni che hanno caratterizzato gran parte dell'informazione sull'immigrazione, la questione dello status del cittadino straniero sul territorio italiano – si sottolinea nel documento – e' stato considerato spesso un particolare di scarso rilievo". Bisognerebbe invece prestare particolare attenzione, ad esempio, in caso di interviste, "chi proviene da contesti socioculturali diversi, nei quali il ruolo dei mezzi di informazione e' limitato e circoscritto, puo' non conoscere le dinamiche mediatiche e non essere quindi in grado di valutare tutte le conseguenze dell'esposizione attraverso i media".

Per questo "e' importante comunicare con chiarezza alla persona che decide di rilasciare un'intervista le possibili conseguenze e adottare accortezze specifiche per chi parla in ambito detentivo, nei Cie e Cara (valutando i rischi di repressione successiva alla testimonianza.). Valutare con sensibilita' lo stato di salute e i possibili traumi fisico-psichici della persona, in particolare le donne (gravide o neo-partorienti), e dopo le attivita' di primo soccorso in mare". Importante in questi casi "munirsi del servizio di un mediatore culturale e/o interprete in campo sociale, per riportare con correttezza le informazioni, e il rispetto dell'opinione e delle rappresentazioni culturali dell'intervistato". Un monito, infine, a fotografi e cineoperatori a "non riprendere mai in volto rifugiati, richiedenti asilo e vittime della tratta o di pubblicare le immagini dei volti 'fuori fuoco'".

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