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Mered o Berhe? Processo al re dei trafficanti contro l’uomo sbagliato

L’hanno arrestato in Sudan ed estradato in Italia. Su The Guardian altre prove di un tragico scambio di persona. Il vero boss su Fb: “Hanno fatto un errore, in carcere uno che non c’entra niente”

 

 

Roma – 22 novembre 2016  – Dietro le sbarre e sul banco degli imputati è finito “il Generale”, re degli scafisti, o un innocente povero Cristo? 

Medhanie Yehdego Mered, 35 anni, è l’eritreo  boss del traffico di esseri umani che polizia sudanese, Nca e Foreign Office britannici insieme alla procura di Palermo sostengono di aver arrestato a Khartoum e istradato in Italia lo scorso giugno. L’uomo portato in Italia, sotto processo con accuse gravissime,  sostiene però di essere Medhanie Tesfamariam Berhe, 29 anni, profugo eritreo che in Sudan si arrangiava con lavoretti occasionali. 

La difesa, amici e conoscenti di Berhe sostengono la sua tesi e in questi mesi The Guardian ha messo in fila una serie di elementi che fanno pensare a un clamoroso quanto tragico scambio di persona. Ieri il quotidiano ha pubblicato una foto di Mered con la moglie che mostra una scarsa somiglianza con Behre, oggi è la volta di alcuni messaggi privati che sarebbero stati inviati via Facebook proprio dal mega trafficante, ancora a piede libero. 

“Hanno fatto un errore col suo nome, ma sanno tutti che non è un trafficante… Spero che venga rilasciato perché non c’entra nulla. Non possono fargli nulla” scriverebbe in tigrino Medhanie Yehdego Mered. L’uomo sostiene anche di non essere un trafficante potente come dicono gli inquirenti, ma solo uno dei tanti, e che stanno “infangano il mio nome”. 

The Guardian, scrive di aver chiesto invano un commento alla Procura di Palermo ed elenca poi altri sviluppi che fanno crescere i dubbi sull’identificazione. Eccoli: 

-la Procura non ha un singolo testimone pronto a testimoniare contro Behre;

-i periti non sono in grado di dire se la voce di Behre coincide con quella registrata di Mered registrata nel 2014;

-l’uomo sotto processo appare signicativamente diverso dalle fotografie di Mered diffuse dagli investigatori prima dell’arresto e pubblicate dal Guardian la scorsa settimana;

-idocumenti delle scuole superiori e la carta di identità eritrea di Berhe suggeriscono che lui e Mered sono persone differenti;

-immagini trovate nel cellulare di Behre che i procuratori dicevano essere foto di suoi clienti morti sono state di fatto scaricate da un sito asiatico;

-due ex passeggeri di Mered non hanno riconosciuto Behre e uno di loro non ha voluto che fosse citato il suo nome perché credeva che Mered fosse ancora libero e temeva di diventare un suo bersaglio per aver parlato;

-la moglie di Mered ha avuto un breve scambio con Behre su Facebook nell’ottobre 2015 che suggerisce che i due non si sono mai incontrati, tantomeno sposati. 

Intanto oggi, a Palermo, il processo al presunto Mered, appena iniziato, ha subito una battuta d’arresto. La rpocura ha chisto di accorparlo a un altro procedimento e inoltre ha sollevato una questione relativa all’incompatibilità di uno dei componenti del collegio, di qui la decisione di un rinvio. 

“Il rischio concreto è che si faccia il processo alla persona sbagliata” ha detto in aula l’avvocato difensore Michele Calantropo. “Qui bisogna prima accertare l’identità reale della persona che si vuole processare. Noi sosteniamo che Mered Tasmafarian non è il ‘generale’, il trafficante di esseri umani”.

Stranieriinitalia.it

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