Berlino, 19 giugno 2025 – In occasione del decimo anniversario delle operazioni di soccorso civile nel Mediterraneo centrale e alla vigilia della Giornata Mondiale del Rifugiato, quattro importanti ONG tedesche — SOS Humanity, United4Rescue, Sea-Watch e Sea-Eye — tracciano un bilancio di dieci anni di attività salvavita e lanciano un appello urgente: basta con gli ostacoli politici alle missioni di salvataggio.
Dal 2015, le navi delle ONG hanno fornito assistenza umanitaria d’emergenza a migliaia di persone in fuga, spesso intercettate mentre tentavano di attraversare una delle rotte migratorie più letali del pianeta. Fino ad aprile 2025, quella che viene ormai chiamata la “flotta civile” — composta da 15 navi di soccorso, 7 imbarcazioni a vela e 4 aerei da ricognizione — ha contribuito a mettere in salvo 175.595 persone. Tutto ciò nonostante crescenti ostacoli di natura politica e burocratica.
Le ONG denunciano come i governi europei e l’Unione Europea continuino a dare priorità alla deterrenza e al controllo delle frontiere, a scapito della protezione delle vite e del rispetto del diritto internazionale. Un esempio lampante è rappresentato dal Decreto Piantedosi, in vigore in Italia dal gennaio 2023, che ha portato a 28 fermi amministrativi di navi di soccorso, per un totale di 680 giorni di blocco delle operazioni.
«Da dieci anni la società civile rifiuta l’idea che i rifugiati debbano morire nel Mediterraneo per preservare la chiusura dell’Europa» — ha dichiarato Mirka Schäfer, portavoce politica di SOS Humanity. — «Gli Stati membri dell’UE hanno mancato il loro dovere di garantire un programma statale coordinato di ricerca e soccorso. Il nostro intervento nasce proprio per colmare questo vuoto. Ma le condizioni in cui operiamo peggiorano di anno in anno».
Una solidarietà diffusa e organizzata
Su 21 organizzazioni attualmente impegnate nel soccorso in mare, ben 10 sono tedesche. In Germania, il sostegno pubblico al soccorso civile resta forte: decine di migliaia di persone donano, si offrono come volontari e sostengono le iniziative. L’alleanza United4Rescue, che riunisce quasi 1.000 realtà della società civile tedesca, ne è un esempio concreto. Accanto a queste, operano anche iniziative di base come Refugees in Libya, che denuncia gli abusi subiti dai migranti, e Alarm Phone, un servizio telefonico di emergenza attivo da oltre un decennio.
Il messaggio è chiaro: quando gli Stati falliscono, la società civile si mobilita. Ma questa supplenza non può sostituire soluzioni strutturali e politiche.
“Mare Solidale”: un piano per salvare vite
In vista del 20 giugno, le quattro ONG promotrici hanno presentato una proposta concreta per un programma europeo di soccorso in mare: Mare Solidale. Il documento definisce i principi giuridici di base, propone meccanismi coordinati a livello UE per il salvataggio e fornisce un quadro realistico dei costi.
Secondo le organizzazioni, le morti nel Mediterraneo potrebbero cessare immediatamente se ci fosse la volontà politica. Il loro appello al governo tedesco, all’UE e agli Stati membri è inequivocabile: il soccorso in mare deve essere riconosciuto come obbligo legale e imperativo umanitario.
Le ONG chiedono:
- un programma europeo di ricerca e soccorso, pubblico e adeguatamente finanziato;
- la fine della cooperazione con regimi autoritari come la Tunisia e la Libia in materia di controllo delle frontiere;
- che la Tunisia non venga considerata un Paese sicuro, vista la sistematica violenza, l’assenza di protezione per i rifugiati e la repressione politica in atto.
«Non possiamo accettare che le coste europee diventino confini di morte», concludono le ONG. «È tempo che l’Europa scelga la vita, la dignità, il diritto».