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Migranti e rotte mortali: un anno da record per le tragedie in mare

Roma, 2 ottobre 2024 – Con 8.542 decessi confermati a livello globale nel 2023, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) lancia un allarme senza precedenti: è il numero più alto mai registrato dall’inizio del monitoraggio nel 2014. Di queste vittime, il 37% ha perso la vita nel Mediterraneo, confermando ancora una volta questo mare come una delle rotte migratorie più pericolose al mondo.

Migranti, calano le partenze ma aumenta il pericolo

Il tragico bilancio di quest’anno rappresenta un monito per la comunità internazionale e un richiamo all’azione per proteggere le vite umane, spesso lasciate sole a fronteggiare il rischio di morte e abusi durante le traversate. A peggiorare la situazione, secondo quanto riportato dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), più di 350.000 migranti hanno presentato domanda di asilo quest’anno, in gran parte sudanesi costretti a fuggire dal conflitto nel loro Paese per cercare sicurezza e protezione, soprattutto in Tunisia.

Tra gennaio e agosto 2024, sono stati oltre 134.000 i migranti che hanno lasciato l’Africa settentrionale e occidentale via mare verso l’Europa, segnando un calo del 24% rispetto allo stesso periodo del 2023. Tuttavia, la diminuzione delle partenze non ha comportato una riduzione della mortalità: dall’inizio dell’anno, 1.450 persone sono morte o risultano disperse durante la traversata, un numero che, sebbene in calo del 44% rispetto all’anno precedente, continua a essere una tragica testimonianza dell’estrema pericolosità di queste rotte. Dietro queste cifre ci sono storie di famiglie, uomini e donne che intraprendono un viaggio disperato attraverso rotte sempre più insidiose. La rotta atlantica dall’Africa occidentale verso le isole Canarie, ad esempio, ha visto un aumento degli arrivi, nonostante la pericolosità di questo percorso, caratterizzato da condizioni meteorologiche avverse e scarse possibilità di soccorso.

Le cause della fuga: dalla povertà ai cambiamenti climatici

Secondo l’OIM, le motivazioni principali alla base delle migrazioni sono di natura economica: il 44% dei migranti cerca migliori opportunità di vita, mentre il 29% fugge da guerre e conflitti e il 26% scappa dal rischio di violenze e ritorsioni. La crisi climatica, con la siccità e le alluvioni che colpiscono vaste aree dell’Africa sub-sahariana, aggiunge ulteriore instabilità, spingendo un numero crescente di persone a intraprendere viaggi verso il Nord Africa e l’Europa. In particolare, la Libia si conferma un punto critico per l’accoglienza dei migranti. Solo nell’ultimo anno, più di 97.000 rifugiati sudanesi sono entrati nel Paese, con flussi che oscillano tra i 300 e i 400 nuovi arrivi al giorno. Tuttavia, la Libia continua a essere un contesto pericoloso per chi cerca rifugio.

Una missione delle Nazioni Unite, infatti, ha ribadito che il Paese non può essere considerato un luogo sicuro per gli sbarchi a causa delle frequenti violazioni dei diritti umani, inclusi detenzioni arbitrarie, torture e traffico di esseri umani. Le condizioni di vita per chi riesce a stabilirsi nel Paese sono durissime: il 70% dei migranti intervistati dall’OIM ha lamentato prezzi proibitivi per i beni alimentari, mentre il 63% ha dichiarato di ricevere salari giornalieri troppo bassi per garantire la sopravvivenza.

Il monito dell’UNHCR

Inoltre, in un contesto di crescente insicurezza e pericolo lungo le principali rotte migratorie, l’UNHCR ha lanciato un appello al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, sottolineando come l’accesso alla protezione e alla richiesta di asilo sia diventato sempre più difficile, mentre aumentano i respingimenti collettivi, in violazione del diritto internazionale. Un rapporto dell’agenzia dell’ONU, poi, documenta come i migranti siano esposti a gravi rischi, tra cui morte, violenza di genere, rapimenti a scopo di estorsione, tratta, rapine e violenze fisiche. “Salvare vite in mare e fornire assistenza umanitaria non dovrebbe mai essere criminalizzato, poiché rappresenta un dovere umanitario”, ha dichiarato l’UNHCR, sottolineando che le missioni di soccorso devono essere intensificate e sostenute come azioni di protezione e difesa dei diritti umani fondamentali.

Infine l’OIM, dal canto suo, esorta la comunità internazionale a non permettere che il deserto del Sahara e il Mar Mediterraneo continuino a essere “fosse comuni per i migranti”. L’organizzazione ha chiesto un impegno concreto per rafforzare le missioni di ricerca e soccorso e creare corridoi umanitari sicuri per chi fugge da guerre, persecuzioni e povertà estrema.

Le voci delle agenzie delle Nazioni Unite risuonano come un appello urgente: è necessario adottare un approccio coordinato e basato sulla tutela dei diritti umani per prevenire nuove tragedie. Solo promuovendo un sistema migratorio equo e sicuro, e garantendo percorsi legali per chi ha bisogno di protezione, si potrà ridurre il numero di vite spezzate e offrire un futuro a chi oggi non vede alcuna via d’uscita.

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