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Migranti, medici contro l’accordo Italia-Albania: “Violazioni continue del Codice Deontologico”

Roma, 15 novembre 2024 – Un coro di proteste si leva contro il Protocollo Italia-Albania, recentemente implementato per la gestione delle persone migranti. Diverse organizzazioni sanitarie, impegnate nel soccorso civile nel Mediterraneo centrale e nel supporto alla salute delle persone in movimento, accusano infatti le istituzioni italiane di violare il Codice Deontologico medico e i diritti umani, mettendo a rischio la salute fisica e psicologica dei migranti.

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Migranti, l’accusa dei medici contro l’accordo Italia-Albania

La denuncia è firmata da realtà come Mediterranea Saving Humans, Medici Senza Frontiere, Emergency, SOS Humanity e altre, che lavorano in prima linea per fornire assistenza sanitaria a chi affronta viaggi estremamente pericolosi attraverso il mare. Le organizzazioni raccontano che la maggior parte delle persone soccorse ha subito violenze, torture e abusi sessuali durante il viaggio. “La totalità di esse è esposta a gravi rischi per la salute fisica e mentale, incluso il disturbo post-traumatico da stress”, spiegano. Queste esperienze, unite alle condizioni disumane di detenzione in Libia e Tunisia e ai traumi subiti durante la traversata, rendono tutti i migranti vulnerabili sotto il profilo medico e psicologico.

Il protocollo prevede che a bordo delle navi militari italiane, come la Libra, e delle motovedette non vi siano ambulatori medici o spazi idonei per garantire una diagnosi accurata e rispettosa della dignità umana. La mancanza di strumenti diagnostici adeguati e di privacy rende impossibile una valutazione completa delle condizioni di salute, esacerbando le vulnerabilità delle persone già traumatizzate. Secondo le organizzazioni, i luoghi di detenzione amministrativa rappresentano un ulteriore fattore di rischio, come sottolineato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Questi ambienti favoriscono la diffusione di malattie infettive e offrono standard di cura inadeguati per le malattie croniche o acute. La denuncia, quindi, si scaglia contro la pratica di utilizzare una valutazione medico-sanitaria come criterio per la deportazione in Albania. “Consideriamo inaccettabile che persone soccorse in mare, tutte da considerarsi vulnerabili, siano sottoposte a una selezione che calpesta la dignità umana e i principi della professione medica”, affermano.

Le organizzazioni, perciò, invitano gli operatori della salute a rifiutare qualsiasi coinvolgimento in questo sistema discriminatorio, ribadendo l’obbligo deontologico di operare nel rispetto dei diritti umani. Inoltre, criticano duramente le istituzioni coinvolte, tra cui il Ministero della Salute, il Corpo Italiano di Soccorso dell’Ordine di Malta (CISOM) e l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), chiedendo alle federazioni degli ordini professionali di prendere posizione contro queste pratiche. “Denunciamo con fermezza un sistema che mina i fondamenti etici della professione sanitaria, chiedendo alle autorità competenti e alla comunità medica di schierarsi dalla parte dei diritti umani e della dignità”, concludono.

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