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Migranti. Prefetto Di Bari: “L’integrazione non può prescindere dal rispetto delle leggi e delle regole comuni”

Roma, 15 giugno 2021 – «Per i migranti, l’integrazione non può prescindere dal rispetto delle regole comuni, dalla piena e sincera adesione al principio di uguaglianza di genere, dal rispetto della laicità dello Stato, nonché dal rispetto della libertà personale».

È il fulcro del pensiero espresso dal prefetto del prefetto Michele di Bari, capo del dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione, nell’intervista sul modello italiano di integrazione, rilasciata al quotidiano digitale “In Terris”.

Un modello – spiega il prefetto – dove «diversità e pluralismo rappresentano un valore» come testimoniato dalla storia dell’Italia, crocevia di popoli e culture, con le sue ricchezze artistiche e urbanistiche, realizzate nel corso dei secoli. «L’integrazione – continua – è come un incontro tra persone di culture diverse che ne legittima e riconosce le diversità culturali e religiose. Un processo bidirezionale che, basandosi sul rispetto della propria identità e nel riconoscimento di quella altrui, non è assimilazione ma condivisione e arricchimento di valori condivisi». 

A fronte di questa visione multiculturale, afferma con estrema chiarezza «l’imprescindibile necessità del rispetto delle leggi dello Stato, cosicché fenomeni, pure riconosciuti da alcune culture, come i matrimoni forzati, oggi tristemente agli onori della cronaca, o la terribile pratica delle mutilazioni genitali femminili non possano trovare assolutamente spazio o tolleranza».

«Il modello di integrazione – prosegue – deve ispirarsi alla Costituzione e, in particolare, agli articoli 2 e 3 che garantiscono, rispettivamente, i diritti inviolabili dell’uomo e la pari dignità sociale e l’uguaglianza dei cittadini, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali».

«Per lo Stato, il principio di uguaglianza è il solco nel quale deve orientarsi l’azione delle istituzioni, in una logica di sussidiarietà, attraverso un’azione sistematica multilivello alla quale contribuiscono Regioni, enti locali e Terzo settore, tutti chiamati a sviluppare un’azione coordinata attraverso politiche orientate a valorizzare le specificità e il pieno inserimento degli stranieri nelle comunità di accoglienza. Qui risiede il senso del modello italiano di integrazione».

Il rispetto delle leggi italiane e delle regole comuni è quindi imprescindibile per il prefetto di Bari, rispetto dal quale derivano poi altri doveri come l’apprendimento della lingua e la partecipazione alla vita economica, sociale e culturale del Paese. «Un modello d’integrazione – conclude il capo dipartimento – che deve rappresentare uno strumento di responsabilizzazione nei confronti del territorio e della comunità di residenza e principale anticorpo per prevenire e neutralizzare fenomeni di radicalizzazione».

Non manca un’analisi sull’attualità e sulla situazione migratoria prima e dopo l’emergenza sanitaria, che ha visto – sottolinea il prefetto – «nel corso dell’anno 2020, un andamento degli arrivi connesso prevalentemente a piccoli sbarchi in autonomia anziché al salvataggio in mare di grosse imbarcazioni, come avvenuto negli anni precedenti, con un trend crescente di sbarchi rispetto ai due anni precedenti, da attribuirsi, in gran parte, all’intensificazione dei flussi provenienti dalla Tunisia e dalla Libia». Mentre, con riferimento ai numeri dei deceduti in mare, ricorda che secondo le stime fornite da UNHCR, il numero dei morti e dispersi in mare nel 2020 (1401) non si discosta molto da quello del 2019 (1335), nonostante il trend in crescita degli arrivi.

Fa presente, in conclusione, che l’Italia aderisce al quadro di indirizzi comuni definito a livello europeo in materia di integrazione citando il recente ‘Piano d’azione per l’integrazione e l’inclusione 2021-2027’, adottato nel novembre del 2020, secondo il quale l’integrazione e l’inclusione sono la chiave per il benessere a lungo termine delle nostre società e per la stabilità delle nostre economie.

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