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Migranti uccisi per vendere gli organi, l’ultimo orrore dei trafficanti

Il racconto del trafficante pentito sul destino di chi non poteva pagarsi il viaggio. Smantellata rete internazionale, 38 fermi in tutta Italia

 

Palermo  – 4 luglio 2016 – Migranti uccisi per espiantare loro gli organi, poi rivenduti sul mercato nero dei trapianti. C’è anche questo nella galleria degli orrori del traffico di esseri umani. 

A rivelarlo agli investigatori è stato Nuredin Atta Wehabrebi, trafficante pentito di origine eritrea che sta collaborando da un anno con i magistrati italiani. Informazioni raccolte dai capi dell’organizzazione con la quale collaborava in Libia, ma anche da altri migranti che invece sono riusciti a proseguire il loro viaggio verso l’Italia. 

“Talvolta – è la sua testimonianza messa a verbale – i migranti non hanno i soldi per pagare il viaggio che hanno effettuato via terra, né a chi rivolgersi per pagare il viaggio in mare, e allora mi è stato raccontato che queste persone che non possono pagare vengono consegnate a degli egiziani, che li uccidono per prelevarne gli organi e rivenderli in Egitto per una somma di circa 15.000 dollari. In particolare questi egiziani vengono attrezzati per espiantare l’organo e trasportarlo in borse termiche”. 

È anche grazie alle dichiarazioni di Wegabrebi che la Procura di Palermo ha dato il via all’operazione “Glauco 3” con la polizia del capoluogo siciliano, che oggi ha portato al fermo di 38 persone tra le province Palermo, Roma, Viterbo, Agrigento, Catania, Trapani, Milano, Lecco, Macerata e Genova. Sono 25 eritrei, 12 etiopi e un italiano, accusati a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell´immigrazione clandestina, allesercizio abusivo dell´attività di intermediazione finanziaria e al traffico internazionale di stupefacenti, tutti aggravati dal carattere transnazionale del sodalizio criminoso.

La rete smantellata oggi fatturava milioni di euro l’anno, sulla pelle di chi dopo essere arrivato in Libia saliva sui barconi per l’Italia e poi da qui cercava di raggiungere anche altre mete in Europa, in particolare la Germania, l’Olanda e i Paesi scandinavi. Tutto pagato a caro prezzo, per ogni tappa del viaggio. 

“L’organizzazione – scrivono il procuratore di Palermo Franco Lo Voi, il procuratore aggiunto Maurizio Scalia e i sostituti Claudio Camilleri e Calogero Ferrara – opera come un vero e proprio network criminale, con diverse cellule operanti nei territori di riferimento, cui vengono attribuiti compiti specifici e determinati al fine di organizzare i viaggi e favorire così l’ingresso e la permanenza clandestina in Italia dei migranti. In un secondo momento viene organizzata la logistica per il loro allontanamento dal territorio italiano e raggiungere così la meta finale di tali viaggi, in genere un paese del Nord Europa, in cui il migrante raggiunge il suo gruppo familiare o amicale”. 

I trafficanti aiutavano i migranti e fuggire dai centri di accoglienza in Italia e li portava a Roma o Milano, per poi smistarli verso altre destinazioni. In bar di Palermo e una profumeria vicino alla Stazione Termini di Roma si riscuotevano i soldi, soprattutto, dai loro parenti che pagavano per la prosecuzione del viaggio, attraverso money transfer o il sistema informale della hawala. I gestori trattenevano una commissione e inviavano il resto ai vertici dell’organizzazione in Africa. 

I clienti con una maggiore disponibilità economica, potevano anche evitare la pericolosa traversata del Canale di Sicilia. Secondo gli investigatori, l’organizzazione, a fronte di pagamenti tra i 10 mila e i 15 mila euro a persona, era infatti capace di procurare falsi certificati di matrimonio grazie ai quali gli interessati potevano arrivare in Europa con un regolare visto d’ingresso, rilasciato a fronte di quello che sembrava un normale ricongiungimento familiare. 

Stranieriinitalia.it

 

 

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